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 Parificazione cavalcantiana dei reali

Nel saggio Cavalcanti in Dante in cui Contini Gianfranco sostiene la presenza di Cavalcanti non solo nel Dante stilnovista, ma anche nel Dante della maturità, tanto da dire che “Cavalcanti aveva salato il sangue a Dante”, commentando il passo del Purgatorio in cui Dante, tracciando la storia del dolce stil novo, attribuisce a Cavalcanti la “gloria de la lingua”, Contini introduce l'espressione “parificazione cavalcantiana dei reali”, come capacità di fondere e unificare, di smorzare e introvertere, ciò che in Guinizzelli resta contrapposto e esterno.


I. Calvino, Lezioni americane: Leggerezza

In Cavalcanti, il peso della materia si dissolve per il fatto che i materiali del simulacro umano possono essere tanti, intercambiabili; la metafora non impone un oggetto solido, e neanche la parola «pietra» arriva ad appesantire il verso. Ritroviamo quella parità di tutto ciò che esiste di cui ho parlato a proposito di Lucrezio e di Ovidio. Un maestro della critica stilistica italiana, Gianfranco Contini, la definisce «parificazione cavalcantiana dei reali».



copertina e-book tra il cristallo e la fiamma


copertina della Consistenza

Tra il cristallo e la fiamma


Copertina Eros al femminile


Parificazione cavalcantiana dei reali

Che cosa sia poi in concreto la «gloria de la lingua», in quanto tocca a Cavalcanti sopra Guinizzelli, la risposta è nei fatti: basti raffrontare, nelle parti affini, i sonetti Avete 'n vo', Biltà di donna, Chi è questa, L'anima mia, Tu m'hai sì piena e i guinizzelliani Io vogli' del ver, Lo vostro bel saluto, magari Dolente, lasso. Guinizzelli: «e ciò ch'è lassù bello a lei somiglio. / Verde rivera a lei rassembro e l'âre, / tutti color di fior', giano e vermiglio, / oro ed azzurro e ricche gioi per dare»; Cavalcanti: «Avete 'n vo li fior' e la verdura / e ciò che luce ed è bello a vedere»; «rivera d'acqua e prato d'ogni fiore; / oro, [variante oro e] argento, azzurro 'n ornamenti». Guinizzelli: «Per li occhi passa come fa lo trono, / che... ciò che dentro trova spezza e fende: / remango como statüa d'otono, / ove vita né spirto non ricorre, / se non che la figura d'omo rende»; Cavalcanti: «Per li occhi venne la battaglia in pria, / che ruppe ogni valore immantenente"; «I' vo come colui ch'è fuor di vita, / che pare, a chi lo sguarda, ch'omo sia / fatto di rame o di pietra o di legno». Il geniale metodo analogico dell'iniziatore («rassembro», «somiglio») mantiene i due poli attorno al «come», dove Cavalcanti fonde e unifica («Avete 'n vo'»); in colui permane una ruvida realtà esterna («statüa d'otono») che si smorza e diciamo pure introverte nella parificazione cavalcantiana dei reali («di rame o di pietra o di legno»). Cavalcanti si rinserra e perfeziona nei limiti della sola analisi interna, movimentandola e drammatizzandola come le ombre cinesi delle ipostasi (lo lodano infatti di filosofo naturale, cioè di psicologo). È una perfezione e chiusura anche sul piano delle convenzioni terminologiche (G. Contini, Varianti e altra linguistica, una raccolta di saggi (1938-1968), Torino Einaudi, 1970, pp. 434-435).





Voci correlate


Cavalcanti

Biltà di donna

Donna me prega

Rime

 

La presente pagina fa parte di un ipertesto sulle Lezioni americane di I. Calvino e sulle Metamorfosi di Apuleio.

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