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«Un tema niente affatto leggero come la sofferenza d’amore, viene dissolto da Cavalcanti in entità impalpabili che si spostano tra anima sensitiva e anima intellettiva, tra cuore e mente, tra occhi e voce. Insomma, si tratta sempre di qualcosa che è contraddistinto da tre caratteristiche: 1) è leggerissimo; 2) è in movimento; 3) è un vettore d’informazione. In alcune poesie questo messaggio-messaggero è lo stesso testo poetico: nella più famosa di tutte, il poeta esiliato si rivolge alla ballata che sta scrivendo e dice: “Va tu leggera e piana / dritt’a la donna mia”. In un’altra sono gli strumenti della scrittura - penne e arnesi per far la punta alle penne - che prendono la parola: “Noi siàn le triste penne isbigottite, / le cesoiuzze e’l coltellin dolente...”. In un sonetto la la parola “spirito” o “spiritello” compare in ogni verso: in un’evidente autoparodia, Cavalcanti porta alle ultime conseguenze la sua predilezione per quella parola-chiave, concentrando nei 14 versi un complicato racconto astratto in cui intervengono 14 “spiriti” ognuno con una diversa funzione. In un altro sonetto, il corpo viene smembrato dalla sofferenza amorosa, ma continua a camminare come un automa “fatto di rame o di pietra o di legno”».

I. Calvino, Lezioni americane, Leggerezza



Un tema niente affatto leggero come la sofferenza d’amore, viene dissolto da Cavalcanti in entità impalpabili che si spostano tra anima sensitiva e anima intellettiva, tra cuore e mente, tra occhi e voce. Insomma, si tratta sempre di qualcosa che è contraddistinto da tre caratteristiche: 1 ) è leggerissimo; 2) è in movimento; 3) è un vettore d’informazione. In alcune poesie questo messaggio-messaggero è lo stesso testo poetico: nella più famosa di tutte, il poeta esiliato si rivolge alla ballata che sta scrivendo e dice: «Va tu, leggera e piana / dritt’a la donna mia». In un’altra sono gli strumenti della scrittura - penne e arnesi per far la punta alle penne - che prendono la parola: «Noi siàn le triste penne isbigottite, / le cesoiuzze e’l coltellin dolente...». In un sonetto la parola «spirito» o «spiritello» compare in ogni verso: in un’evidente autoparodia, Cavalcanti porta alle ultime conseguenze la sua predilezione per quella parola-chiave, concentrando nei 14 versi un complicato racconto astratto in cui intervengono 14 «spiriti» ognuno con una diversa funzione. In un altro sonetto, il corpo viene smembrato dalla sofferenza amorosa, ma continua a camminare come un automa «fatto di rame o di pietra o di legno».

I. Calvino, Lezioni americane, Leggerezza





Spirito

Ha il significato di pensiero.
È un termine tecnico  della filosofia scolastica.

«Spiriti: press'a poco ‘pensieri’, ma è  termine tecnico  della filosofia scolastica, introdotto in poesia da  Cavalcanti, di lì diramato in particolare in Dante; e designa corpi sottili, formati nel cuore per evaporazione del cibo umido  sotto l'influenza  del calor naturale, usati dall'anima come  strumento di tutte  le operazioni vitali (‘In corpore omnis  animalis  est corpus subtile quod vocatur spiritus [...] Est igitur  instrumentum animae directum ad omnes operationes eius [...]  et est vehiculum  vitae et omnium operationum vitae, quae est ab  anima,  et omnium virtutum eius' [Alberto Magno]» (Poeti del duecento II, pag. 497, Ricciardi).





Copertina Eros al femminile

copertina e-book tra il cristallo e la fiamma


copertina della Consistenza

 

Perch'i' no spero di tornar giammai

 

      XXXV

   Perch'i' no spero di tornar giammai,
ballatetta in Toscana,
va' tu, leggera e piana,
dritt' a la donna mia,
che per sua cortesia
ti farà molto onore.

   Tu porterai novelle di sospiri
piene di dogli' e di molta paura;
ma guarda che persona non ti miri
che sia nemica di gentil natura:
ché certo per mia disavventura
tu saresti contesa,
tanto da lei ripresa
che mi sarebbe angoscia;
dopo la morte, poscia,
pianto e novel dolore.

   Tu senti, ballatetta, che la morte
mi stringe sì, che vita m'abbandona;
e senti come 'l cor si sbatte forte
per quel che ciascuno spirito ragiona.
Tanto è distrutto già la mia persona,
ch'i' non posso soffrire:
se tu mi vuoi servire.






Noi sian le tristi penne isbigotite

 

XVIII [xxxiv]

Noi siàn le tristi penne isbigotite,
le cesoiuzze e 'l coltellin dolente,
ch'avemo scritte dolorosamente
quelle parole che vo' avete udite.

Or vi diciàn perché noi siàn partite                      5
e siàn venute a voi qui di presente:
la man che ci movea dice che sente
cose dubbiose nel core apparite;

le quali hanno destrutto sì costui
ed hannol posto sì presso a la morte,                10
ch'altro non n'è rimaso che sospiri.

Or vi preghiàn quanto possiàn più forte
che non sdegn[i]ate di tenerci noi,
tanto ch'un poco di pietà vi miri.






Pegli occhi fere un spirito sottile

 

  XXVIII [xxii]

Pegli occhi fere un spirito sottile,
che fa'n la mente spirito destare,
dal qual si move spirito d'amare,
ch'ogn'altro spiritel[lo] fa gentile.

Sentir non può di lu' spirito vile,                     5
di cotanta vertù spirito appare:
quest' è lo spiritel che fa tremare,
lo spiritel che fa la donna umile.

E poi da questo spirito si move
un altro dolce spirito soave,                         10
che sieg[u]e un spiritello di mercede:

lo  quale  spiritel spiriti piove,
chè di ciascuno spirit'ha la chiave,
per forza d'uno spirito che'l vede.






 Tu m'hai sì piena di dolor la mente


Tu m'hai sì piena di dolor la mente,
che l'anima si briga di partire,
e li sospir' che manda 'l cor dolente
mostrano agli occhi che non può soffrire.

Amor, che lo tuo grande valor sente,                                5
dice: «E' mi duol che ci convien morire
per questa fiera donna, che nïente
par che piatate di te vogli udire».

I' vo come colui ch'è fuor di vita,
che pare, a chi lo sguarda, ch'omo sia                              10
fatto di rame o di pietra o di legno,

che si conduca sol per maestria
e porti ne lo core una ferita
che sia, com'egli è morto, aperto segno.





Voci correlate

 

Contini Gianfranco

Parificazione cavalcantiana dei reali

 

La presente pagina fa parte di un ipertesto sulle Lezioni americane di I. Calvino e sulle Metamorfosi di Apuleio.

Indice analitico