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Cavalcanti

Cavalcanti Guido (1255?-1300) poeta del dolce stil novo.

Nato da una delle più nobili famiglie fiorentine, coinvolto negli scontri  di fazione, che gli costeranno l'esilio, Cavalcanti fu personalità di rilievo — sin  dalla giovinezza — della nuova generazione  poetica.

Sdegoso della mediocrità, fiero della sua solitudine di studioso, fu cultore di filosofia e profondo conoscitore dell'averroismo che  gli valse la fama di filosofo naturale, ateo e miscredente. 



copertina della Consistenza

e bianca neve scender senza venti

«Il verso “e bianca neve scender senza venti” è stato ripreso con poche varianti da Dante nell’Inferno»:

Supin giacea in terra alcuna gente, 
alcuna si sedea tutta raccolta, 
e altra andava continüamente.

Quella che giva 'ntorno era più molta, 
e quella men che giacëa al tormento, 
ma più al duolo avea la lingua sciolta.

Sovra tutto 'l sabbion, d'un cader lento, 
piovean di foco dilatate falde, 
come di neve in alpe sanza vento.
(XIV, 22-30)

«“come di neve in alpe sanza vento”. I due versi sono quasi identici, eppure esprimono due concezioni completamente diverse. In entrambi la neve senza vento evoca un movimento lieve e silenzioso. Ma qui si ferma la somiglianza e comincia la diversità. In Dante il verso è dominato dalla specificazione del luogo («in alpe»), che evoca uno scenario montagnoso. Invece in Cavalcanti l’aggettivo «bianca», che potrebbe sembrare pleonastico, unito al verbo «scendere», anch’esso del tutto prevedibile cancellano il paesaggio in un’atmosfera di sospesa astrazione. Ma è soprattutto la prima parola a determinare il diverso significato dei due versi. In Cavalcanti la congiunzione “e”...»

(I. Calvino, Lezioni americane: Leggerezza)





Tra il cristallo e la fiamma


Copertina Eros al femminile


Biltà di donna e di saccente core


Biltà di donna e di saccente core

e cavalieri armati che sien genti;

cantar d’augelli e ragionar d’amore;

adorni legni ‘n mar forte correnti;


aria serena quand’apar l’albore

e bianca neve scender senza venti;

rivera d’acqua e prato d’ogni fiore;

oro, argento, azzurro ‘n ornamenti:


ciò passa la beltade e la valenza

de la mia donna e ‘l su’ gentil coraggio,

sì che rasembra vile a chi ciò guarda;


e tanto più d’ogn’altr’ha canoscenza,

quando lo ciel de la terra è maggio.

A simil di natura ben non tarda.





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La presente pagina fa parte di un ipertesto sulle Lezioni americane di I. Calvino e sulle Metamorfosi di Apuleio.


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