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Ermete Trismegisto

Il dio egiziano Theuth, identificato dai greci con Ermete e dai romani con Mercurio, noto nel Rinascimento come Ermete Trismegisto.


Ermetismo

Ermetismo dai cosiddetti “scritti ermetici” greci, tradotti da Ficino che ebbero grande influsso su pensatori del rinascimento, che li ritenevano espressione della sapienza egizia. Fondendo tradizioni gnostiche (dualismo spirito/materia, anima/corpo), giudaiche e d’ispirazione platonica, l'ermetismo è un insieme non sistematico di regole pratiche e morali e di tecniche iniziatiche di derivazione alchimistica, nelle quali è essenziale il potere della magia sulla natura e dell'influsso degli astri sul mondo naturale e umano.

Ermetismo


A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma, p. 88.


La magia per millenni ha costituito (e ancora costituisce) un modo di affrontare la realtà, un modo per spiegare fenomeni o conseguire risultati altrimenti non raggiungibili. La magia mediata dalla tradizione ermetica e integrata da neoplatonismo e cabala, ben lontana dalla magia invocatrice di demoni e astrologico-deterministica, ha costituito il substrato del risveglio culturale e artistico del Rinascimento sul quale si è innestata la rivoluzione scientifica. L'interesse per il numero e il calcolo astronomico scaturisce dalla necessità di determinare con precisione «gli influssi eterei che connettono macrocosmo e microcosmo» e la teoria copernicana nasce come 'incidente' su questo percorso. È nel crogiolo del mago rinascimentale convinto di elevarsi sino a Dio e di partecipare ai segreti dell'universo che vien forgiata la volontà di dominio dell'uomo moderno sulla natura. Cosa che incontreremo anche nel sottofondo della Molteplicità attorno alla metafora della Leggibilità del mondo.”

Il mito dell'uomo moderno — il suo far meglio e più in fretta della natura — la sua fiducia nel progresso illimitato, i suoi programmi di trasmutazione totale della natura in energia scaturiscono dal sogno degli alchimisti.

Ninfe e driadi, elfi e fate sono l'espressione della stessa volontà della scienza di piegare le forze naturali, ma espressa ed esercitata nei termini dell'immaginario popolare. E Shakespeare sa trasfondere e fondere l'uno e l'altro immaginario in poesia, come gli studi della Yates, «gli affascinanti studi di Frances Yates», evocati da Calvino suggestivamente documentano. Anche Shakespeare come Cavalcanti non entra diritto nelle Lezioni ma riflesso sullo scudo di altri, nella fattispecie gli studi di Frances Yates appunto e di Panofsky.




copertina e-book tra il cristallo e la fiamma


copertina della Consistenza

Tra il cristallo e la fiamma


Copertina Eros al femminile

 

1 Ermete Trismegisto

Il dio egiziano Theuth o Thoth, inventore della scrittura e depositario della sapienza, era stato identificato dai Greci col  dio Ermete e dotato dell'epiteto di “tre volte grande” in virtù del «suo triplice ruolo di sacerdote egiziano e creatore di dei,  di filosofo-mago,  di re e legislatore» (F. Yates, Giordano  Bruno e la tradizione ermetica, Biblioteca universale Laterza, 1985, p. 70).  I Latini (Cicerone riferiva che Mercurio avesse dato leggi e lettere agli Egiziani) ripresero questa identificazione di Ermete o Mercurio con Theuth.

Lattanzio ritiene Ermete uomo realmente vissuto di grande antichità e di profonda conoscenza, tanto da  annoverarlo, accanto alle Sibille, profeta pagano di Cristo.

Agostino,  pur attaccando Ermete Trismegisto per le sue  pratiche magiche, lo ritiene capace di molte verità riguardo Dio.

Sulla scorta dell'autorevolezza dei padri della chiesa nel Rinascimento  non si dubitò dell'esistenza di Ermete, che ritenevano contemporaneo di Mosè e depositario dell'antica sapienza  egiziana.






2 Ermetismo

2.1 La sfiducia nella speculazione spinge verso la mistica

Nel II secolo con l'apogeo della pax  romana «le classi colte avevano assorbito una cultura di tipo greco  romano, basata sulle sette arti liberali» (F. Yates, Giordano  Bruno e la tradizione ermetica, Biblioteca universale Laterza, 1985, p 16). La carica indagatrice della filosofia greca si era però esaurita, non avendo saputo compiere quel salto qualitativo  verso la verifica sperimentale delle ipotesi, che solo quindici  secoli più tardi, partendo dalle stesse premesse, il pensiero scientifico moderno riuscirà a compiere.

Non era venuto meno però il bisogno di certezze e valori che dessero un senso all'esistenza, donde la crescente adesione ai culti misterici orientali  (il culto di Iside, il culto di Mitra,  il primitivo cristianesimo) basati su una promessa di salvezza eterna, nonché il bisogno di conoscenza della realtà, che non potendo essere soddisfatto dalla ragione  si volgeva verso l'intuizione, la magia, il misticismo. La filosofia non era più un esercizio dialettico ma una gnosi, una conoscenza intuitiva del  divino e del significato del mondo, «alla quale era necessario prepararsi attraverso una disciplina ascetica e un comportamento religioso» (p. 16). Nella convinzione «che antichità fosse sinonimo  di santità  e di purezza e che i più antichi filosofi avessero  una conoscenza degli dei di gran lunga superiore» (p. 17) diffuso era il culto per tutto ciò che era remoto nel tempo o nello spazio: pitagorici, magi persiani, astrologi caldei, vari culti orientali, con  particolare riguardo all'antica e misteriosa religione egiziana e ai suoi sacerdoti dalle profonde conoscenze, dall'ascetica condotta, dalle pratiche di magia.


2.2 Il corpo ermetico

Corpus ermeticum

In tale contesto si sviluppò sotto il nome di Ermete  Trismegisto una vasta letteratura in lingua greca: trattati filosofici  come il Corpus Hermeticum e l'Asclepius (Sermo perfectus o Parola perfetta) e testi di astrologia, di alchimia, di magia.

Non c'è dubbio che queste opere debbano attribuirsi alla mano di diversi autori sconosciuti, vissuti a distanza di considerevoli periodi di tempo l'uno dal'altro. Persino i singoli trattati sono spesso  di carattere composito, e risultano costituiti  da vari scritti riuniti insieme. Di conseguenza, anche il loro contenuto è quanto mai vario, e talvolta di carattere contraddittorio. Non si può desumere da essi alcun sistema effettivamente coerente. Né d'altra parte, erano preordinati a costituire un sistema  filosofico  razionalmente elaborato. Si tratta, invece, di annotazioni di anime individuali in cerca della rivelazione, ansiose di raggiungere l'intuizione del divino, di poter conseguire la salvezza personale  e la  gnosi senza l'aiuto di un Dio personale,  di  un Salvatore, ma tramite un'apertura religiosa all'universo. È questa  apertura  religiosa, questo loro carattere di documenti  di un'esperienza religiosa, a conferire agli Hermetica un'unità della quale sono assolutamente privi, se considerati come un sistema di pensiero» (p. 35).

2.3 Una gnosi pessimistica e una gnosi ottimistica

Le fonti di cui gli autori si sono avvalsi sono assai varie; tuttavia  i presupposti cosmologici sono sempre  astrologici anche quando  non sono dichiarati: «il mondo  materiale è  regolato dall'influenza delle stelle e dei sette pianeti, i “Sette Governatori”» (p. 35), benché si possano individuare due tipi  di  gnosi: una  a carattere ottimistico e l'altra a carattere pessimistico.

Per lo gnostico pessimista (o dualista) il mondo della materia, profondamente penetrato dall'influenza fatale delle stelle, è essenzialmente il male; se ne deve fuggire mediante una condotta  di vita ascetica che eviti, nei limiti del possibile, ogni contatto con  la materia, finché l'anima illuminata non possa innalzarsi, attraverso le sfere dei pianeti, spogliandosi  nell'ascesa,  del loro influsso maligno, alla sua vera dimora, nel divino regno immateriale. Per lo gnostico ottimista, al contrario, la materia  è impregnata di divino, la terra vive, si muove, per una vita divina, le stelle sono viventi animali divini, il sole brucia di  una forza divina, tutte le parti della natura sono buone, perché sono tutte parti di Dio.

2.4 La fortuna dell'ermetismo nel Rinascimento

Nel Rinascimento l'ermetismo godette di grande seguito e prestigio. Il filosofo rinascimentale condivideva l'opinione che antico significasse il meglio perché più vicino alla fonte originaria di illuminazione della Mens divina. Convinti che Ermete fosse contemporaneo di Mosè, e quindi vissuto molto prima di Platone, che avrebbe tratto dall'Ermetismo la sua fonte primaria, colpiti dalle analogie con i testi sacri cristiani (era nota la versione latina dell'Asclepius) e dallo stretto rapporto con la filosofia platonica allora dominante riservarono alla letteratura ermetica un profondo timore reverenziale.

Quando intorno al 1460 un monaco sguinzagliato da Cosimo de' Medici per raccogliere manoscritti porta a Firenze dalla Macedonia il Corpus Hermeticum, Cosimo dà ordine a Ficino di soprassedere alla traduzione delle opere di Platone, già raccolte, e di tradurre immediatamente i manoscritti ermetici.

Ficino rilancia la tradizione ermetica imbarbarita durante il medioevo, riportandola nella sua forma classica.

Ma come non si possono definire pagane le immagini degli dei tramandate in forme barbariche nei manoscritti astrologici e riportate al loro antico splendore dagli artisti rinascimentali perché risentono della pittura religiosa dei secoli precedenti, così la magia naturale di Ficino non poteva restare una semplice arte magica, ma diventa essa stessa, come la sua filosofia, una specie di religione e l'immagine di Ermete Trismegisto viene assimilata alle figure sacre e può entrare nel duomo di Siena (1480 circa).

Si svilupperanno quindi correnti orientate a dimostrare la non contraddizione tra il cristianesimo e l'ermetismo, chi mantenendo, chi escludendo la magia, ma riconoscendo comunque in Ermete un profeta pagano di Cristo per le analogie con il cristianesimo presenti nella sua dottrina.






3 Corpus Hermeticum e Asclepius

Le due opere fondamentali dell'ermetismo. Se il primo è un trattato filosofico, che non disdegna dal fornire indicazioni sulla magia, il secondo è un manuale di magia che indulge a considerazioni di ordine filosofico.

Copertina dell'Asclepio

Ficino raccoglie sotto il titolo del primo libro del Corpus Hermeticum (Pimander) quattro libri, corredati da un commento nel quale evidenzia le somiglianze del Corpus Hermeticum con i testi sacri del cristianesimo, nell'intento (come sostiene la Yates) di riabilitare la magia dell'Asclepius.

Nel commento alla genesi egiziana (l'originale primo libro del Corpus Hermeticum) Ficino inizia dicendo

“Sembra che Mercurio parli qui dei misteri mosaici”... e prosegue facendo alcuni ovvi confronti. Mosè aveva visto una oscurità diffusa sulla faccia dell'abisso, e lo spirito di Dio alitante sulle acque; Mercurio vede una tenebra e la parola di Dio che riscalda la natura acquosa: Mercurio dice che quella parola fulgida, che illumina tutte le cose, il Figlio di Dio. E, se pure è possibile attribuire a un uomo nato prima della Incarnazione una simile conoscenza, egli vide il Figlio generato dal Padre, e lo Spirito procedente dal Padre e dal Figlio. Egli vide la creazione prodotta dalla Parola divina, e l'Uomo fatto a immagine di Dio, quindi la sua caduta dalla sfera intelligibile allo stato corporeo. Di fatto, egli fa uso delle stesse parole di Mosè quando descrive il comando di Dio alle specie di crescere e moltiplicarsi. Egli ci insegna poi come si possa ancora risollevarsi a quella natura intelligibile e immortale dalla quale siamo degenerati. Come Mosè era il legislatore degli Ebrei, così Mercurio lo è degli Egiziani, e impartisce al suo gregge santi consigli di vita: lodino il padre di tutti con inni e ringraziamenti, e contemplino la vita e la luce. [...]
Nondimeno è assai evidente che esistono - e significativamente Ficino evita di sottolinearlo - diverse radicali differenze tra la Genesi mosaica e quella egiziana. In particolare, esse differiscono insanabilmente quanto al concetto della natura dell'Uomo e del carattere della sua caduta.
È vero che la genesi mosaica, come quella egiziana, afferma che l'uomo fu fatto a immagine di Dio, e che gli fu dato il potere su tutte le creature, ma nella Genesi mosaica, non si dice mai che Adamo fosse per creazione un essere divino, fornito del divino potere creativo. Ciò non viene detto di lui nemmeno quando lo si descrive insieme con Dio nel giardino dell'Eden, prima della caduta. Quando Adamo, tentato da Eva e dal serpente, desiderò mangiare dell'albero della conoscenza e divenire simile a Dio, commise il peccato di disobbedienza, punito con l'esilio dal giardino dell'Eden. Invece, nella Genesi egiziana l'uomo, appena creato, vedendo i Sette Governatori (i pianeti), dai quali dipendono tutte le cose, sente il desiderio di creare, di fare qualcosa di simile. Nè tale desiderio viene considerato un peccato di disobbedienza. Gli è invece consentito di accedere al mondo dei Sette Governatori, che si innamorano di lui e gli parteciapno i loro poteri. L'Adamo egiziano è più che umano: è divino e appartiene alla specie dei demoni delle stelle, i reggitori del mondo inferiore di origine divina. Si dice anche, di lui, che è fratello del Demiurgo-Parola-Figlio di Dio, il “secondo dio” che muove e stelle.
È vero che egli cade, ma la sua caduta è, in fondo, una manifestazione del suo potere. Egli può sporgersi in basso, attraverso l'armatura delle stelle, lacerare il suo involucro e mostrarsi alla Natura. E lo fa di sua spontanea volontà, mosso dall'amore per la bella Natura, che egli stesso ha contribuito a creare e conservare, tramite la sua partecipazione alla natura dei Sette Governatori. Lo spinge a ciò l'amore della propria immagine, che si riflette sul volto della Natura (proprio come Dio si è innamorato dell'Uomo, scorgendo in lui la bella immagine riflessa di se stesso). E la Natura riconosce il suo potere, il potere dei Sette Governatori racchiuso in lui e si unisce a lui in amore.
È vero che la sua caduta comporta una perdita, che lo l'Uomo, scendendo al livello della Natura e assumendo un corpo mortale, pone il suo corpo, questa sua parte mortale, sotto il dominio delle stelle, e forse è una punizione la separazione nei due sessi (dopo il curioso periodo dei sette uomini asessuati generati dall'Uomo e dalla Natura). Ma la parte immortale dell'Uomo conserva il suo carattere divino e creativo. Egli è formato non già da un'anima e da un corpo umani, bensì da un'essenza divina, creativa, immortale, e da un corpo. E questa sua divinità, questo suo potere, egli li recupera nella visione della mens divina, che è simile alla propria mens divina, svelatagli da Pimandro. Pimandro lascia Trismegisto dopo averlo “investito di poteri” e averlo “istruito sulla natura del Tutto e reso partecipe della visione suprema”.
In breve, la Genesi egiziana narra della creazione e della caduta di un uomo divino, di un uomo intimamente vicino ai demoni astrali quanto a origine effettiva, di un Uomo-Mago (F. Yates, Giordano  Bruno e la tradizione ermetica, Biblioteca universale Laterza, 1985, pp. 39-42).




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La presente pagina fa parte di un ipertesto sulle Lezioni americane
di I. Calvino e sulle Metamorfosi di Apuleio.

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