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Mito

È la più antica rappresentazione dei temi del nascere e del morire, dell’origine dell’uomo e dell’universo e del loro destino, del modo di affrontare la vita, formulando ‘verità’ con cui arginare l’inquietudine implicita nel vivere.

Mitologia


I. Calvino, Lezioni americane: Leggerezza

L’unico eroe capace di tagliare la testa della Medusa è Perseo, che vola coi sandali alati, Perseo che non rivolge il suo sguardo sul volto della Gorgone ma solo sulla sua immagine riflessa nello scudo di bronzo. Ecco che Perseo mi viene in soccorso anche in questo momento, mentre mi sentivo già catturare dalla morsa di pietra, come mi succede ogni volta che tento una rievocazione storico-autobiografica. Meglio lasciare che il mio discorso si componga con le immagini della mitologia. Per tagliare la testa di Medusa senza lasciarsi pietrificare, Perseo si sostiene su ciò che vi è di più leggero, i venti e le nuvole; e spinge il suo sguardo su ciò che può rivelarglisi solo in una visione indiretta, in un’immagine catturata da uno specchio. Subito sento la tentazione di trovare in questo mito un’allegoria del rapporto del poeta col mondo, una lezione del metodo da seguire scrivendo. Ma so che ogni interpretazione impoverisce il mito e lo soffoca: coi miti non bisogna aver fretta; è meglio lasciarli depositare nella memoria, fermarsi a meditare su ogni dettaglio, ragionarci sopra senza uscire dal loro linguaggio di immagini. La lezione che possiamo trarre da un mito sta nella letteralità del racconto, non in ciò che vi aggiungiamo noi dal di fuori.


I. Calvino, Lezioni americane: Leggerezza

Le mitologie classiche possono fornire il loro repertorio di ninfe e di driadi, ma le mitologie celtiche sono certo più ricche nella imagerie delle più sottili forze naturali coi loro elfi e le loro fate.


I. Calvino, Lezioni americane: Esattezza

Questo legame tra le scelte formali della composizione letteraria e il bisogno di un modello cosmologico (ossia d’un quadro mitologico generale) credo sia presente anche negli autori che non lo dichiarano in modo esplicito.


I. Calvino, Lezioni americane: Visibilità

Il mio intento era dimostrare come il discorso per immagini tipico del mito possa nascere da qualsiasi terreno: anche dal linguaggio più lontano da ogni immagine visuale come quello della scienza d’oggi.



copertina e-book tra il cristallo e la fiamma


copertina della Consistenza

Tra il cristallo e la fiamma


Copertina Eros al femminile


1 Dei ed eroi

Dei ed eroi, esseri semidivini o stravaganti popolano racconti in cui dal caos vien tratto l’universo e dall’argilla l’uomo, viene portato il fuoco o si fondano città, si lotta contro l’irreversibilità del tempo o si cede all’ineluttabilità del destino.

L’“ingenuità” del racconto è propria della sua funzione, perché il mito non scaturisce da esigenze razionali[1] (a quelle risponde un altro livello di pensiero il logos, il ragionamento filosofico), nè da intenti scientifici (che saranno del XVII secolo), quanto dalla necessità di trasfigurare i problemi, di cui via via si prende coscienza, secondo le nozioni tipiche della mente o meglio del popolo che le produce, perché il mito non scaturisce dal singolo, ma accompagna la nascita e l’evoluzione del vissuto di un gruppo, di una tribù, di un popolo, e con esso evolve in un articolato mosaico di varianti.


Perseo e la Gorgone «Quanto alla testa mozzata, Perseo non l’abbandona ma la porta con sé, nascosta in un sacco; quando i nemici stanno per sopraffarlo, basta che egli la mostri sollevandola per la chioma di serpenti, e quella spoglia sanguinosa diventa un’arma invincibile nella mano dell’eroe: un’arma che egli usa solo in casi estremi e solo contro chi merita il castigo di diventare la statua di se stesso» (I. Calvino, Lezioni americane: Leggerezza). (Ceramica attica a figure rosse proveniente da Capua, ca 640 a.C.)

Il mito non appartiene solo al passato arcaico. Esso serpeggia negli archetipi dell’inconscio, appartiene all’immaginario religioso, alimenta la tradizione scritta, che in ogni tempo si è arricchita dei racconti mitologici o ne ha costituito l’oggetto esclusivo del suo interesse, in capolavori come quello di Ovidio.

Le mitologie del passato fan parte del nostro patrimonio culturale, che affascinato dalla capacità evocativa, vi attinge per arricchire la narrazione e non solo fantastica; la forte carica suggestiva delle mitologie del passato può confondersi, a certi livelli di pensiero, con il racconto storico e con le conoscenze provate.

Ma non è questa la sola presenza del mito.

Il mito in quanto forma di pensiero e modo di affrontare la realtà accompagna anche l’uomo moderno nelle sue espressioni artistiche e nella sua visione del mondo, ma per il ricorso ad immagini appartenenti a un vissuto attuale sfugge alla catalogazione.

E allora è forse opportuna una lettura attenta della realtà, scoprire se tra le ‘verità’ del nostro tempo non si nascondano dei miti.

Non necessariamente con un intento persecutorio, ma per apprenderne il linguaggio, per saperli riconoscere, per saper distinguere tra mito e realtà, quando fosse opportuno.

Tanto più che il mito oggi, amplificato dalle liturgie consumistiche dei canali pubblicitari, prende sempre più il significato di meta, di qualcosa da possedere o da raggiungere a tutti i costi, e sempre più serve a creare quella confusione, come ha dimostrato Barthes tra storia e natura, tra contingente ed universale, tra interessi di parte ed interesse generale.






2 Il mito: pensiero prelogico o pensiero razionale?

2.1 Il mito nell’interpretazione evoluzionista

Secondo un abito mentale affermatosi sullo sfondo degli scenari darwiniani e della fede scientista ottocentesca, la civiltà sarebbe il risultato di un graduale processo di transizione che per piccoli passi porta dallo stadio della profonda ancestralità alla luce della storia e della civiltà. In questo contesto che applica alla storia della civiltà lo schema strettamente biologico degli organismi viventi, il mito viene inteso come una forma di pensiero prelogico, una manifestazione ingenua in chiave poetica o mistica della realtà.

È la concezione scaturita dai repertori di Frazer e di Cassirer, che, integrata dalle prospettive psicanalitiche ha ampiamente orientato la ricerca mitografica del Novecento nel «non vedere nel passato che vipere lubriche, oscuri personaggi libidinosi, assassini rituali e altre storie del genere» (Cfr. G. de Santillana,  “Lo storico e la teoria dell’“informazione”, Il concetto d’informazione nella scienza contemporanea, a cura di R. Rossanda, De Donato 1971, p. 23).

Ad essa fa da contrappunto la concezione emersa dal Mulino di Amleto di Santillana-Dechend, che fa da sfondo alle Lezioni.

2.2 Il mito secondo Santillana

L’interpretazione evoluzionistica tendente alla contrapposizione di un pensiero prelogico, espresso attraverso il mythos, al successivo apparire del pensiero razionale del logos viene rifiutata dalla lettura che Santillana propone del mito.

Il mito non sarebbe un racconto fantasioso e ingenuo ma l’espressione di una forma di pensiero scientifico e razionale che interpreta le «cose prime e ultime» della realtà attraverso «il comportamento di quel vasto complesso di variabili un tempo chiamato cosmo» che gli antichi sapevano misurare con estrema precisione e che costituivano la fonte principale del mito.

Le vicende complesse e magari assurde del racconto mitico possono a noi moderni alfabetizzati trasmettere l’immagine di un pensiero ingenuo, ma, «in un mondo senza scrittura», l’unico modo di perpetuare le idee è di concatenarle a una storia. (Cfr. Santillana,  “Lo storico e la teoria dell’’informazione”, cit., p. 29).

Dietro i nomi di «divinità vaghe, sotterranee o atmosferiche» che l’interpretazione più diffusa vuole «sovraimposte ai pianeti in epoca  “tarda”», si celano per Santillana «i periodi planetari, siderali e sinodici [...] noti e ripetuti in molti modi con celebrazioni già tradizionali in epoca arcaica» (ivi).

Le informazioni di caos, lotta, violenza contenute negli antichi miti cosmologici non sono «mere proiezioni di una coscienza perturbata, bensì tentativi di raffigurare le forze che sembrano aver partecipato alla formazione del cosmo. Mostri, Titani, giganti avvinti in lotta con gli dèi e protesi a scalare l’Olimpo, sono funzioni e componenti dell’ordine che alla fine viene a instaurarsi» (Cfr. Santillana-Dechend, Il mulino di Amleto, Adelphi, 1983, p. 186).
Detronizzazioni di dei (v. la sequenza Urano, Saturno, Giove) e avvicendamenti epocali sono paralleli all’andare «fuori posto», allo scardinarsi del Mulino di Amleto per effetto della precessione degli equinozi. È questa a ispirare miti escatologici e crepuscoli degli dei.

In realtà «i miti genuinamente  “escatologici” sono pochissimi. Il Crepuscolo degli Dei, per esempio, viene inteso come la fine del mondo [ma] ciò che ha fine, in realtà, è un mondo, inteso come un’età del mondo. La catastrofe spazza via il passato, che viene sostituito da  “un nuovo cielo e una nuova terra” su cui regna una  “nuova” stella polare. Anche il diluvio biblico è la fine di un mondo, e l’avventura di Noè viene ripetuta in molte tradizioni e molte forme su tutta la terra. I greci erano a conoscenza di ben tre distruzioni successive» (Santillana-Dechend, Il mulino di Amleto, p. 175). 






3 Quadro mitologico e quadro epistemologico

Con quadro mitologicoquadro epistemologico intendiamo sottolineare lo scarto tra un immaginario prevalentemente governato dalla suggestione delle immagini, benché scientifico, e un immaginario rigorosamente definito, distinzione peraltro legittimata dall’alchimia delle Lezioni.
Quando sullo sfondo ordine disordine Calvino riconduce le scelte stilistiche alla visione del mondo afferma:
Questo legame tra le scelte formali della composizione letteraria e il bisogno di un modello cosmologico (ossia d’un quadro mitologico generale) credo sia presente anche negli autori che non lo dichiarano in modo esplicito.[2]
Ora, per definire i termini di una visione del mondo, o di una cosmologia perché in fondo di questo si tratta,  sembrerebbero più rigorosi e appropriati, al giorno d'oggi, i termini di un quadro scientifico-epistemologico, piuttosto di un quadro mitologico. È vero, notavamo, che in quanto proiezioni delle latebre dell'io sia le immagini mitiche che le immagini scientifiche scaturiscono dall'unico processo della mitopoiesi, ma è vero anche che la categoria che definisce il quadro mitologico di Joyce è l'epistemologia  («Joyce ha elaborato uno stile che corrisponde alla sua complessa epistemologia»). Idem per il quadro di Gadda: l’«epistemologia implicita nella scrittura di Gadda».
L'espressione “quadro mitologico” ben sottolinea la dipendenza della visione del mondo dalla fisiologia dei meccanismi mentali, cui spetta alla Visibilità riordinare un quadro attendibile. Ma appurato ciò, esserne o non esserne consapevoli diventa discriminante.
Se il metro è il modello oggettuale, se sono convinto che l'immagine della realtà è copia della realtà, l'adesione al quadro sarà incondizionata, senza l'interposizione di filtri correttivi tra realtà e mitopiesi, sarà un quadro mitologico.
Laddove invece c'è la consapevolezza dello scarto, l'immagine della realtà sarà distribuita in livelli, ciascuno dei quali dotati di sue coordinate che vanno di volta in volta definite e dichiarate, pena la torre di babele.
Il quadro epistemologico si staglia sulla crisi delle assolutezze e delle certezze, si muove in un quadro variegato di “porzioni di realtà” (e di “verità”): la dichiarazione delle condizioni di formalità non è un fiore all’occhiello, ma la definizione delle condizioni in cui il quadro prende un senso. “Quadro mitologico” invece bene riassume e si adatta a un’immagine della realtà desunta dal senso comune, una realtà ovvia, unica, assoluta per cui non si rendono necessari i distinguo oppure ancora può interpretare i contorni di un quadro suggerito dall’istinto poetico e non sottoposto a verifica.
Per Joyce e Gadda, Calvino parla di epistemologia perché il loro istinto poetico si prefigge di superare il senso condiviso di realtà, è agitato dallo sforzo
conoscitivo di definire un rapporto diverso con le cose, c’è l’intento di tracciare nuove condizioni di formalità.
Calvino con le Lezioni passa, pur senza modificare la sostanza, da una serie di nodi di idee che hanno orientato la sua narrativa, alla delineazione delle condizioni di formalità che la inquadrano rigorosamente (A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma, pp. 326-327).


Note


[1]  È la lettura che ne viene data secondo l’interpretazione evoluzionistica con la quale Santillana non concorda. Vedi più sotto Il mito secondo Santillana.
[2]  I. Calvino, Lezioni americane, Garzanti, 1986, p. 68.






Voci correlate

 

Barthes Roland

Epistemologia

Santillana Giorgio, de

La presente pagina fa parte di un ipertesto sulle Lezioni americane di I. Calvino e sulle Metamorfosi di Apuleio.

Indice delle voci


Barthes, Miti d'oggi, copertina