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Surrealismo

Movimento artistico e culturale sorto in Francia nel 1924 e rimasto vitale fino al 1939 (la chiusura ufficiale è del 1969) che si proponeva di liberare la più profonda energia dell'io e di tracciare una nuova dimensione dell'immaginario nelle varie forme di arte, muovendo dalla liberazione dell'inconscio, dall'aggancio con le forme magiche della tradizione ermetica, dall'umorismo, dall'erotismo e dal fantastico.
   Scrittura automatica e atto gratuito sono elementi caratteristici.

Surrealismo


I. Calvino, Lezioni americane: Leggerezza

L’essermi soffermato su Cavalcanti m’è servito a chiarire meglio (almeno a me stesso) cosa intendo per «leggerezza». La leggerezza per me si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l’abbandono al caso. Paul Valéry ha detto: «Il faut être léger comme l’oiseau, et non comme la plume».


Dalla magia rinascimentale d’origine neoplatonica parte l’idea dell’immaginazione come comunicazione con l’anima del mondo, idea che poi sarà del Romanticismo e del Surrealismo. Questa idea contrasta con quella dell’immaginazione come strumento di conoscenza, secondo la quale l’immaginazione, pur seguendo altre vie da quelle della conoscenza scientifica, può coesistere con quest’ultima, e anche coadiuvarla, anzi essere per lo scienziato un momento necessario per la formulazione delle sue ipotesi.





copertina e-book tra il cristallo e la fiamma


copertina della Consistenza

Tra il cristallo e la fiamma


Copertina Eros al femminile

 

1 Surrealismo

Animatore e teorico del movimento fu André Breton che nel primo Manifeste du surrealisme (1924) dichiara l'intenzione del surrealismo di uscire dalla rigidità degli schemi razionali della fattualità per liberare i significati latenti e autentici delle regioni più inesplorate dell'io.

Se sul movimento agisce il fascino dei richiami profondi dell'animo espresso nelle poesie di Baudelaire, di Novalis, di Rimbaud e la forza polemica dei dadaisti, sono le scoperte della psicanalisi che consentono al surrealismo di valorizzare il sogno, la follia, l'automatismo psichico, il desiderio, l'erotismo per operare la saldatura tra realtà e mondo onirico, tra ragione e non-ragione, di cui il movimento si fa promotore.

Nel rifiuto delle convenzioni borghesi il surrealismo intende affrancare l'esperienza umana da ogni forma di oppressione razionale, morale o estetica, liberando le energie più recondite e sotterranee, attingendo alle forme passate del fantastico e alle  tradizioni dell'alchimia, dell'ermetismo, della magia rilette in chiave laica e moderna.

Il suo progetto è di una liberazione totale dell'uomo che se trova nell'analogia, nella scrittura automatica, nell'automatismo psichico, nell'umorismo gli strumenti per dar libero corso all'espressione artistica dell'inconscio, vede nella prospettiva di un comunismo libertario[1]  la via per l'affrancamento sociale.

L'esperienza surrealista attraversa le forme più diverse di comunicazione: in pittura spiccano i nomi di Dalì, Mirò, Ernst e il primo Picasso; nel teatro Artaud; nel cinema  Buñuel.

In Italia il surrealismo, anticipato dall'esperienza della pittura  metafisica che gli aveva fornito motivi e punti di riferimento, entrò in letteratura attraverso la proposizione del suo immaginario che influenzò il realismo magico di Bontempelli, l'ultimo Pirandello e la novellistica di Palazzeschi e di Landolfi.






2 Scrittura automatica

È il metodo di scrittura (écriture automatique) teorizzato da Breton nel primo Manifeste du surrealisme (1924) consistente in una sorta di scrittura distratta, extrarazionale, dettata dalla libera associazione inconscia, che libera gli accostamenti più imprevedibili e insoliti tra le cose. Breton lo definisce un «automatismo psichico puro col quale ci si propone di esprimere, sia verbalmente, sia per iscritto, sia in qualsiasi altro modo, il funzionamento reale del pensiero».






3 Surrealismo e Calvino

È improprio parlare di surrealismo a proposito di Calvino. Egli stesso nelle Lezioni americane insiste a prendere le distanze dalle parole in libertà di questo movimento. Il suo non è il volo della piuma. La sua è una trasfigurazione fantastica dei problemi esistenziali, puntualmente controllata dalla ragione.

Le Lezioni servono a chiarire il Calvino di prima e a liquidare i luoghi comuni sollevati attorno alla sua narrativa, a cominciare dai più diffusi, dall'apparente surrealismo al presunto pessimismo.
Quanto al primo, Calvino dissemina inconfondibili tracce interpretative quando nella Molteplicità parlando di Queneau marca il confine tra l'automatismo di Breton e il disegno geometrico dell'animatore dell'Oulipo, da lui sponsorizzato in Italia o quando a proposito della Distanza della luna si sente la sua riserva, la sua riluttanza ad accostarla tout court al surrealismo. È come la questione del romanticismo di Leopardi che Calvino liquida senza tirarla in ballo direttamente, dimostrando una volta di più lo spessore di questo libro, del suo Libro.
Come l'attrazione per l'infinito di Leopardi parte «dal rigore astratto d'un'idea matematica di spazio e di tempo» — per niente romantica, dunque — le immagini surreali di Calvino rispondono ai criteri del self più controllato e lucido, tanto da poter riprodurre le movenze del sogno (A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma, pp. 32-33).

Più corretta e calzante è la categoria del “fantastico figurale”, ossia di un fantastico che è, in analogia con la categoria auerbachiana, figura della realtà.

Non si può certo parlare per Calvino di figurale nei termini definiti da Auerbach per il sistema dantesco, per cui la storia è figura del piano salvifico divino, sia per l’evidente assenza di una dimensione Dante incontra Farinataescatologica, sia per l’estraneità della narrativa di Calvino al livello storico. Suo interesse non è il divenire, ma le strutture invarianti che lo sottendono.
Ma chiarito questo, non si può dire che il fantastico di Calvino non abbia estratto dal figurale dantesco la peculiarità dello sviluppare in parallelo due strutture isomorfe, di cui l’una è compimento dell’altra.
Ogni narrazione non si esaurisce in se stessa ma assume sempre altri significati, è sempre una metafora, un’immagine di altro, talora sopravvenuto a lavori in corso o sovrimpresso dal lettore. Ma quando la metafora è intenzionalmente caricata della tensione morale del far fronte, ossia del conoscere e ricondurre a un senso la realtà, e il suo decorso è simmetrico a un disegno che se non è, come in Dante, il piano salvifico divino, è pur sempre ciò che da un punto di vista laico gli sta simmetrico, allora la metafora distilla qualcosa che si può avvicinare al figurale dantesco: «il mio procedimento vuole unificare la generazione spontanea delle immagini e l’intenzionalità del pensiero discorsivo. Anche quando la mossa d’apertura è dell’immaginazione visiva che fa funzionare la sua logica intrinseca, essa si trova prima o poi catturata in una rete dove ragionamento ed espressione verbale impongono anche la loro logica».[2]
Questa seconda logica è riconoscibile ad esempio nelle Cosmicomiche nel dare «evidenza narrativa a idee astratte dello spazio e del tempo» e nelle Città invisibili alle strutture invarianti che attraversano la storia dell’uomo e delle cose. C'è una doppia logica nella narrativa di Calvino e la seconda interviene a orientare lo svolazzo della prima.
Il fantastico di Calvino, anche quando è spinto sin a rasentare il surrealismo, non è mai il volo della piuma: l'associazione delle immagini è sempre guidata, in modo da essere figura di un altro piano (p. 89). Certo, è una figura articolata, complessa, depurata dalle scacchiere del linguaggio formale e dell’astrazione, che anziché ridurre la realtà in un disegno lineare la rilancia dilatata in multiformi sfaccettature, ma che estrae dalla figura dantesca l’intento di dare un senso alla Medusa, sia pur non compiuto e compatto.
Il fantastico di Calvino, come la storia per Dante, ha il suo compimento in qualcosa che gli sta sopra. Che le categorie auerbachiane serpeggino come fonte nascosta, come buco nero delle Lezioni è reso evidente da Cominciare e finire, la lezione esclusa dalle Norton dove la stella del filologo tedesco è ben luminosa.[3] Del resto i canali ispiratori della nouvelle critique sono in genere terreno fertile per le Lezioni.
Calvino ha trovato Auerbach «d’appassionante lettura»[4] sin dagli anni cinquanta e se manteneva delle riserve («ho letto l’Auerbach, con molto interesse e profitto, ma specie nelle osservazioni marginali, mentre il nocciolo principale ancora mi sfugge») non è azzardato supporre fossero relative a un rapporto ancora fluido con il realismo: un pezzo di temperamento lo tira verso il fantastico, un altro gli impone l'aderenza ai fatti della vita. Supporre che il nodo sia stato sciolto sovrascrivendo sul fantastico il reale, come Dante sovrascrive sulla storia il piano salvifico divino, non è solo suggestivo ma simmetrico alla descrizione di Calvino della genesi del suo fantastico. In ogni caso è indubbio lo zampino di Auerbach dietro l’aggettivo figurale nelle Norton.
Il termine appare la prima volta per accompagnare il salto di Cavalcanti: «una immagine figurale di leggerezza che assuma un valore emblematico». [5] È senz'altro un indizio striminzito per riconoscere una valenza auerbachiana. Figurale potrebbe essere un semplice sinonimo di visuale. Ma se si ricorda che anche nella Leggerezza un imperativo categorico apparentemente inerte innescava L’insostenibile Leggerezza dell’Essere, l’invito a drizzare le orecchie potrebbe non essere fuori luogo.
Senz’altro più circostanziata è la seconda occorrenza che, come la terza, cade proprio sul bagnato della visibilità.
«Si direbbe che Ignacio de Loyola  rivendichi per ogni cristiano la grandiosa dote visionaria di Dante e di Michelangelo - senza neppure il freno che Dante si sente in dovere di mettere alla propria immaginazione figurale di fronte alle supreme visioni celesti del Paradiso». [6]
Al cospetto di Dante, il termine non può essere casuale. Per lo meno un collegamento subliminale va messo in conto. Se per Cavalcanti era possibile eluderlo, per Dante sarebbe una deprivazione. E quando l’aggettivo dopo qualche pagina ritorna, si porta appresso inevitabilmente la valenza precedentemente evocata, tanto più che accompagna un nome (fantasia) che ha tutta l’aria d’essere sinonimo del termine qualificato in precedenza (immaginazione): «Anche leggendo il più tecnico libro scientifico o il più astratto libro di filosofia si può incontrare una frase che inaspettatamente fa da stimolo alla fantasia figurale» (p. 89).
La fantasia figurale è quella che ordina le immagini secondo un disegno che le trascende.
A questo punto è giocoforza riconoscere attorno a figurale un nodo d’idee peculiare, lontano da ogni possibile sinonimo, a cominciare da visuale che sembra essergli prossimo.
Nelle Lezioni la radice visual- compare per sedici volte in quattro occasioni contestuali diverse, senza sconfinare mai in una valenza accostabile al doppio binario di figurale. È sempre legata alla capacità di evocare immagini. Figurale e visuale sono diversamente caricati.
Se per figurale il significato non è incontrovertibile come per visuale (icastico prima e visionario poi) tuttavia non si può non riconoscere una sua specificità.
Ipotizzare un canale verso il figurale dantesco, tanto più che lo scarto è sensibile a partire da Dante, è l’unica cosa che ci sembra ragionevole, accanto all’estensione del feedback sino alla occorrenza attorno a Cavalcanti: il salto leggero di Cavalcanti sulle arche del cimitero di Santa Reparata è figura del quadro mitologico del nulla finale.
Si vede bene che l’intreccio sprigionato dal corto-circuito Leonardo-Dante è più fitto di quanto ci si possa attendere. La sua portata si spinge oltre la mera contingenza della contiguità: arriva direttamente al midollo della narrativa di Calvino, indicando come le innervazioni nell’alveo dimenticato della tradizione italiana non siano una mero blasone di facciata (A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma, p. 375 e ss).




Note


[1]  Negli anni venti il movimento surrealista si era apertamente schierato con il partito comunista francese.
In seguito, anche per la politica di chiusura attuata dal regime sovietico di Stalin, si frammenta pur restando nell'ambito di posizioni rivoluzionare o comunque di «sinistra».
[2]  I. Calvino, Lezioni americane, Garzanti, 1988, p. 90.
[3]  Si veda I. Calvino, Saggi, cit., I, p. 742 e ss.
[4]  «Notiziario Einaudi», V, 9, settembre 1956 p. 4.
[5]  I. Calvino, Lezioni americane, cit., p. 18.
[6]  I. Calvino, Lezioni americane, cit., p. 85.






Voci correlate

Alchimia

Ermetismo

Queneau Raymond

 

La presente pagina fa parte di un ipertesto sulle Lezioni americane di I. Calvino e sulle Metamorfosi di Apuleio.

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