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L’universo e il vuoto... spesso tendono a identificarsi

Libro sull’universo e libro sul niente sono, nella ricostruzione di Blumenberg, i poli della stessa aspirazione di matrice romantica al libro assoluto, «un libro che si configura come equivalente dell’universo, al pari degli antichi talismani” (I. Calvino, Perché leggere i classici, Saggi, p. 1821).

L’universo e il vuoto


I. Calvino, Lezioni americane: Molteplicità

Uno scrittore che certo non poneva limiti all’ambizione dei propri progetti era Goethe, il quale nel 1780 confida a Charlotte von Stein di star progettando un «romanzo sull’universo». Poco sappiamo di come egli pensasse di dar corpo a questa idea, ma già l’aver scelto il romanzo come forma letteraria che possa contenere l’universo intero è un fatto carico di futuro. Negli stessi anni, pressappoco, Lichtenberg scriveva: «Credo che un poema sullo spazio vuoto potrebbe essere sublime». L’universo e il vuoto: tornerò su questi due termini tra i quali vediamo oscillare il punto d’arrivo della letteratura, e che spesso tendono a identificarsi.





copertina e-book tra il cristallo e la fiamma


copertina della Consistenza

Tra il cristallo e la fiamma


Copertina Eros al femminile


1 Il libro assoluto di Novalis: Enciclopedistica o Bibbia

L’idealismo, incontrato ai corsi di Fichte a Jena e coltivato nell’amicizia con Schegel, l’esoterismo magico di ascendenza rinascimentale ancora diffuso anche in ambito scientifico - che portava a “pensare” una metafisica della natura, più che a “descrivere” la realtà -, la diffusa trama di esperienze diverse - Goethe, Lichtenberg, Lessing - legate allo spinozismo, non potevano che infuocare l’immaginazione di Novalis già esaltata dall’impronta religioso-visionaria dell’educazione paterna.

Il progetto di libro assoluto, oscillante tra enciclopedistica e Bibbia in tale contesto non era che un’ambizione legittima, tanto è vero che s’incontrava con l’analoga intenzione di Schegel e anche Goethe, che pur non apprezzava i fermenti romantici, nutriva l’idea di un libro sull’universo.

Nella Leggibilità del mondo Blumenberg dà conto dell’ambizione novalisiana di libro assoluto.

L’“idealismo magico” di Novalis e del romanticismo di Jena postula un’identità tra Dio e natura da cui discende una visione del mondo in cui tutto diventa interscambiabile.

Non solo Dio poteva farsi pietra, animale o pianta invece che farsi uomo, ma i corpi celesti potrebbero essere pietrificazioni di angeli o il mondo potrebbe essere un “pensiero rilegato”. Parimenti la storia si può cambiare con il romanzo e la realtà con la poesia e tutte le cose con la filosofia.

In quest’ottica la Bibbia è l’equivalente del mondo e a un mondo incompiuto, «come l’aveva definito Schegel nelle lezioni di Jena», corrisponde una Bibbia incompiuta: la tentazione di cimentarsi nel suo compimento è allettante.

L’idea di enciclopedistica affiancata a quella di Bibbia, pur nell’indeterminatezza dell’interscambiabilità tra i termini, fornisce consistenza al progetto attraverso il superamento dell’antagonismo tra Bibbia e ‘libro della natura’ e il recupero dell’idea «di enciclopedia dal possesso esclusivo dell’illuminismo» (H. Blumenberg, La leggibilità del mondo, il Mulino, Bologna 1984, p. 234), convogliando in un sol libro l’idea dell’unità di arti e scienze, che l’illuminismo aveva dispiegato in molti volumi.

D’altra parte l’interscambiabilità dei termini non è la sola indeterminatezza. Conformemente al «carattere effimero» e al «rapido avvicendarsi dei progetti romantici» (p. 241) e alla «instabilità intellettuale» sorprendente sia in Novalis che in Schegel (p. 236), ciò che «potrebbe chiamarsi “Bibbia”», diventa «singolarmente confuso» quando non solo deve assolvere il compito di trovare l’universo in un libro, ma anche deve raccogliere la storia di ogni uomo, così che ci possono essere tanti vangeli.

Blumenberg – avvertendo di non prendere la terminologia in senso molto specifico, poiché la visione del mondo dell’idealismo magico fondata sulla scambiabilità «ha fatto credere al romanticismo di essere affine al cristianesimo» (p. 234) – interpreta il progetto novalisiano come la delineazione di un progetto di libro assoluto, di un libro come mondo che individua nel modello della Bibbia la «tendenza formale verso il definitivo e l’insuperabile, l’universo e l’ultimo» (p. 237) e nell’enciclopedistica l’idea del rapporto con la natura nella visione unitaria del sapere.

Il mondo della Bibbia si trasforma «in idea estetica, nel concetto limite di ciò che senz’altro si può pretendere dal lavoro dello scrittore» (p. 234), e diventa il modello del nuovo libro come mondo: il romanzo.

Del resto la descrizione dell’universo fisico di Humboldt assumerà le caratteristiche del Bildungsroman.






2 Il libro vuoto di Lichtenberg

L’idea romantica del libro assoluto nell’indeterminatezza che la caratterizza lasciava aperto il problema della conciliazione del libro unico in quanto assoluto con la pluralità delle storie umane passibili di diventare libri assoluti.

L’idealismo magico di Novalis poteva immaginare la soluzione nella produzione di un libro collettivo a cui ognuno – intere collettività, persino nazioni – avrebbero concorso con la propria quota di mondo, come avveniva nella redazione collettiva della rivista «Athenäum».

«L’assurdità che vien fuori se tutti scrivono: che in questo caso non possono più scrivere per nessuno, fa andare alla ricerca di un’altra soluzione radicale» (H. Blumenberg, La leggibilità del mondo, cit., p. 298).

Affidare tutto all’indeterminatezza della ricezione richiedendo al lettore ogni attività.

La metafora della pagina bianca dell’empirismo inglese, la sua indipendenza dall’attrezzatura di idee innate, corrispondente al contemporaneo crescere del vuoto dello spazio nell’immagine post-copernicana dell’universo, può venire in soccorso.

«Ambedue, lo spazio vuoto e il foglio vuoto, convergono in Lichtenberg nella prima idea del libro vuoto» (p. 299).

«È più di un’idea ingegnosa».

A suo modo una composizione poetica sullo spazio vuoto sarebbe il libro assoluto, perché essa non avrebbe niente da dire su nulla. Lichtenberg, senza impegnarsi nell’onere della prova, aveva scritto: «Credo che un poema sullo spazio vuoto potrebbe essere sublime. Lo credo perlomeno secondo tutto quello che ho letto finora; ma forse anche la mia propria natura ci mette il suo».  Per chiarire ciò che ha in mente, Lichtenberg ricorre, come tante volte, ad una metafora sessuale: «La carta che non ha ancora perduto la propria verginità e ancora ostenta il colore della propria innocenza, è sempre migliore di quella usata». Se non si segue la svolta indotta, si vede quanto Lichtenberg è giunto vicino all’idea che la dimostrazione della possibilità è superiore alla semplice esibizione della realtà.
Il libro di pagine bianche rende l’autore identico ai lettori, perché su ambedue i lati tutto resta possibile. Il problema insoluto che sta nella carta bianca: se quello o questi saranno all’altezza della sfida, ha soltanto il significato secondario di una fattuale condizione accessoria. Finché non si fa alcun uso dell’orizzonte delle possibilità, la potenza assoluta continua a sussistere e l’intera forza dell’immaginazione sembra concentrarsi su ciò che potrebbe essere - e che quindi non deve mai essere, perché questo effetto non vada perduto. Ma questo paradosso non tocca più Lichtenberg. Per lui la verginità è soltanto la condizione della possibilità della deflorazione; egli teme la perdita di potenza, non di fantasia (p. 300).





3 Bouvard e Pécuchet: interscambiabilità di concetto e realtà

Il romanticismo aveva lasciato in eredità l’illusione della scambiabilità tra libro assoluto - enciclopedico e biblico - e mondo.

Ma quando il mondo perde la funzione di essere la comunicazione del suo creatore alle proprie creature, «la perdita di questa funzione doveva lasciare il posto al vuoto gesto del significato, il mondo come libro su niente» (H. Blumenberg, La leggibilità del mondo, cit., p. 301) e per l’interscambiabilità dei predicati un libro su niente.

Bibbia ed Enciclopedia, libro assoluto e libro su niente sono i poli in cui oscilla anche il Flaubert della Tentazione di Sant’Antonio e di Bouvard e Pécuchet.

Sono le visioni che scaturiscono dal libro unico posto sul leggio nel deserto africano per sedurre il santo che consentono a Flaubert

di tirare la somma dell’autoesperienza estetica, e il bilancio viene fatto nella lettera a Luise Colet:
«Quel che mi pare bello, e che vorrei scrivere, è un libro su niente, un libro senza appigli esteriori, che si tenesse su da solo per la forza intrinseca dello stile, come la terra si regge in aria senza bisogno di sostegno; un libro quasi senza soggetto o almeno il cui soggetto fosse, se possibile, quasi invisibile».
Egli crederebbe che la conclusione tratta dal Sant’Antonio potrebbe trovarsi in questa direzione dell’arte.
A prima vista tutto parla contro di ciò; in primo luogo l’affollamento e l’eccesso di figure, contenuto e dossografia. Ma ad un secondo sguardo è la cultura dell’irrealtà che giustifica nondimeno il risultato contro ogni apparenza: l’affermazione finale del deserto, dello spazio vuoto, del libro.
Il soggetto della Tentazione ha tenuto occupato Flaubert per più di un quarto di secolo. L’ha ripreso prima del 1849, poi di nuovo nel 1856 e nel 1872. Anche questo era un’apparizione del deserto, la fata morgana del libro agognato che continuamente gli si sottrae. L’unità dell’enciclopedico e del biblico, che nel leggio dell’eremita sembra esserci già decisa a favore del libro divino, venne tentata ancora una volta dall’altro lato, nell’ultimo, incompiuto progetto di Flaubert, Bouvard et Pécuchet.
Ora era l’idea di un’enciclopedia che doveva acquistare più vita, oppure trarre profitto dalla vita di due scribacchini. E di nuovo si tratta di un sogno delirante, dell’interscambiabilità (pp. 305-306).





 4 Un colpo di dadi: il libro del mondo è vuoto


Un Coup de dés non è ciò che è rimasto di Le Livre. Al contrario: è una specie di parodia del progetto originario, il suo capovolgimento nel rifiuto dell’enciclopedico, il trionfo dell’idea romantica che si può mostrare l’infinito solo nel frammento, spezzando e annientando la forma dovuta e attesa perché “classica”. Ora, il Coup de dés non è per nulla un frammento; finge solo di esserlo, allo stesso modo in cui simula la necessità della fatticità. È rimasta, è prevalsa l’idea della purezza, anche e proprio in questo bianco inflessibile (“cette blancheur rigide”) che viene sí interrotto dalla “costellazione” del poema – come il nero del cielo viene interrotto dai punti di luce dell’Orsa maggiore – ma non eliminato, che anzi alla fine è di nuovo qui, ripiegandosi sulla fine come ripristino del puro nulla: “La poesia finisce, il bianco ritorna”. L’enclave del senso non perde nulla per la propria finitezza; esiste anzi ad opera sua. Il libro del mondo è vuoto. Per questo può essere il libro unico, visto che il vuoto è il vuoto. Il poema, per quanto necessario debba essere nella “costellazione” di fatto che Mallarmé alla fine gli dà, nello stesso tempo è un episodio: è la sua evidenza momentanea che fa tornare il vuoto» (H. Blumenberg, La leggibilità del mondo, cit., p. 314).




Voci correlate

Blumenberg Hans

Novalis

La presente pagina fa parte di un ipertesto sulle Lezioni americane di I. Calvino e sulle Metamorfosi di Apuleio.

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