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Il sentiero dei nidi di ragno

È l’opera del Calvino esordiente, un’opera suggerita dall’imperativo categorico del neorealismo. Ma si tratta di un neorealismo alquanto atipico.

Sommario



copertina e-book tra il cristallo e la fiamma


copertina della Consistenza

Tra il cristallo e la fiamma


Copertina Eros al femminile

 

Il sentiero dei nidi di ragno

 

Il sentiero dei nidi di ragno (1947) narra le vicende di Pin, un ragazzo povero e selvatico che ruba una pistola a un soldato tedesco, nascondendola in un posto noto a lui solo, che chiama con il fantasioso nome di “sentiero dei nidi di ragno”. Entrato in contatto con una banda di partigiani, le sue avventure si intrecciano con le azioni di questi. Attraverso l'ottica così diversa, ancora così “fanciulla” di Pin, esse e la realtà si trasfigurano in una dimensione fiabesca, come di un antico mondo magico sfuggito di mano.

Il romanzo, che s'innesta sul filone realistico-sociale del neorealismo avvicina, tuttavia, la tematica partigiana da una angolazione diversa dalla celebrazione agiografica della resistenza, facendone un'opera a sé.

I suoi partigiani, in qualche modo irregolari e marginali rispetto ai grandi eventi che hanno determinato l'evolversi del dato storico, privi del carisma dell'eroe - anzi antieroici e picareschi, sono immediati per la loro carica di umanità e per le loro debolezze.

In particolare la componente antieroica e picaresca, evidenziata nelle Lezioni dallo stesso Calvino, sgretolano quelli che sono comunemente riconosciuti come i canoni del neorealismo.





Un neorealismo atipico

Il ritmo picaresco

Il primo valore è la Leggerezza che si apre con la chiamata del Calvino di prima, del primo Calvino: una definizione complessiva della sua attività letteraria («la mia operazione è stata il più delle volte una sottrazione di peso; ho cercato di togliere peso ora alle figure umane, ora ai corpi celesti, ora alle città; soprattutto ho cercato di togliere peso alla struttura del racconto e al linguaggio»,[1] un riferimento indiretto al contesto neorealista e agli anni della letteratura dell'impegno («quando ho iniziato la mia attività, il dovere di rappresentare il nostro tempo era l'imperativo categorico d'ogni giovane scrittore»[2] e il profilo di una personalità «che assume come proprio fardello» «l'imperativo categorico» della sua epoca, senza rinunciare al ritmo picaresco che vuole sottrarsi al dogmatismo delle ideologie.

Un’operazione stilistica dunque in cui il levare[3] s’interseca con un occhio verso la realtà, disincantato e ribelle.

La leggerezza, la sottrazione di peso, diventa subito ambivalente. Il panno cangiante della leggerezza e delle Lezioni repentinamente produce i suoi effetti po­licromi. L'allusione alla Trilogia («ho cercato di togliere peso ora alle figure umane»), alle Cosmicomiche («ora ai corpi celesti»), alle Città invisibili («ora alle città») sospinge la riflessione verso la leggerezza della paro­la e dello stile, ma l'affacciarsi del ritmo interiore picaresco la traspone a un altro livello, dove la letteratura (e la parola e lo stile) si apre sul mondo e sulla realtà e sui rapporti tra l'io e questa realtà, con il rischio di restarne sopraffatti («la pesantezza, l'inerzia, l'opacità del mondo: qualità che s'attaccano subito alla scrittura»). La leggerezza è la risultante di relazioni tra mondo io realtà, ma non la realtà della distanza cosmica o astratta o in qualche modo sfumata dalla distanza, ma estesa alla realtà coeva, a una partecipazione attiva alla storia. La lettera­tura di Calvino (i mondi possibili di Calvino) non è, come alcuni sostengono, ferma nei suoi giochi geometrici, protetta e defilata dietro l’astrazione fantastica ma, come il mondo di Ovidio, «agitata da profonda passione», dove la realtà resta pur sempre il punto di partenza e di ritorno.

Calvino non prende le distanze dal primo Calvino, dal Calvino di prima della svolta, dal Calvino dell'impegno, e nemmeno dall'«energia spietata» della storia proiettata nel mondo di Pin. Si sente la distanza del tempo, la lontananza di un’epoca trascorsa, ma non c'è iato. La distanza semmai è nella resa stilistica, non nella sostanza. Esistono fili visibili e invisibili che collegano il Calvino delle Lezioni al Calvino di allora. Calvino non giustifica, non deve giustificare il suo impegno e la sua attività nell'ambito realista. Non ci convince l’impressione di Francesca Satta che nelle Lezioni vede un Calvino defilato dai suoi esordi, che esclude la sua «prima produzione narrativa».[4]

Calvino non ha di che giustificarsi, la sua indipendenza intellettuale di adesso non ha un maggior grado di consapevolezza del Calvino di allora. Calvino non si è mai lasciato sopraffare dalle ideologie, è dunque al riparo da pentitismi e da ripensamenti.

Cercavo di cogliere una sintonia tra il movimentato spettacolo del mondo ora drammatico ora grottesco, e il ritmo interiore picaresco e avventuroso che mi spingeva a scrivere.[5]

Calvino voleva ricondurre il fuori, il ritmo spietato della storia, a una sensibilità personale, al ritmo interiore picaresco e avventuroso che gli è valso da riparo a quello stile pesante del pathos che facilmente impregna la scrittura.

In altri termini vista l’ambivalenza di stile e stile di vita Calvino anche allora, anche nel Sentiero dei nidi di ragno, si è sottratto agli imperativi categorici che richiedevano l’immedesimazione patetica. Calvino non si è fatto pietrificare dalle ideologie.

La sua letteratura neorealista non ha partecipato del clima di un'epoca, ma pur innestandosi sull’imperativo di un'epoca ha mantenuto la sua indipendenza, che sarà poi quella di sempre. Il filo rosso del Calvino della svolta parte già da lì.

È in quel picaresco posto tra i fatti della vita e l'agilità scattante della scrittura la chiave dei fili visibili e invisibili che stabiliscono la continuità di Calvino.

Un termine apparentemente di passaggio libera processi ricorsivi chiarificatori. Picaresco non è sinonimo di avventuroso, concetto affidato all'aggettivo successivo. Anzi proprio l'accostamento degli aggettivi picaresco e av­venturoso scarica dal picaresco la valenza avventurosa per accen­tuarne un'altra. E questa non può essere che la valenza antieroica. Pensare a Pin e alla Prefazione al Sentiero dei nidi di ragno dell'edizione del 1964 che ne quantifica la distanza dalla vena agiografica alla realismo socialista, imperativo di ogni giovane scrittore del dopoguerra, diventa un gioco e picaresco la parola calda che rinvia alla subroutine Prefazione che, nel rifiuto della morsa delle ideologie, stabilisce l’affinità con lo smeriglio di Piccolo testamento di Montale proteso nello stesso sforzo («non è il lume di chiesa o d'offi­cina».[6] In altri termini il rinvio alla Prefazione stabilisce un parallelismo con Piccolo testamento dove l’intento di sottrarsi agli impianti pietrificanti delle ideologie è esplicitato, per tornare indietro con un feedback che evidenzia quell'«agilità scattante e tagliente» di una mente disincan­tata e libera, riconosciuta dagli ammiratori di Calvino.

Picaresco dunque è antieroico nella forma dell'antieroismo di un Pin che si carica della valenza di Piccolo testamento di Montale, a cui si riallaccia e collega direttamente, come dimostra la struttura della sequenza, attraverso la contiguità del «presente» del Sentiero e del «presente» di Piccolo testamento.

Non solo i due presenti sono strettamente coevi sul piano della temporalità (il Lucifero bituminoso cui Montale oppone la traccia di lumaca o lo smeriglio sono le lacerazioni ideologiche della guerra fredda) ma anche strutturalmente vicini perché le due realtà non sono interrotte dalla figura di Perseo, che si inserisce tra i due come una parentesi il cui incastro è evidenziato dalla ripresa del ragionamento a conclusione della sequenza:

Ecco che per riuscire a parlare della nostra epoca ho dovuto fare un lungo giro, evocare la fragile Medusa di Ovidio e il bituminoso Lucifero di Montale.[7]

Anzi la Medusa di Ovidio e il Lucifero di Montale sono intercambiabili come le copie di una stessa chiave. La Medusa non interrompe la relazione Pin-Piccolo testamento, ma si pone in mezzo come un operatore matematico che fa da congiunzione tra due termini.

La condensazione dell'indipendenza dagli imperativi categorici è peraltro marcata da un intreccio più complesso di rinvii mimetizzato nella struttura.

La simmetria tra Pin (o pi­caresco) e Piccolo testamento (Pin = Piccolo testamento, dove l'operatore = è la Medusa ) a ben vedere è sbilanciata sul lato di Montale, sul cui piano si svolge anche il presente dell'Insostenibile leggerezza dell'essere di Kundera, la cui contiguità con Piccolo testamento è evidenziata dalla continuità tematica. Kundera come Montale rappresenta un modo di reagire o di rispondere alla morsa pietrificante delle ideologie (sullo sfondo dell'Insostenibile leggerezza si consuma il dramma della Primavera di Praga). Kundera integra e completa il ragionamento di Montale, Kundera sta a Montale (Kundera : Montale), ma ne scompensa la simmetria con Pin.

Per completarla occorre ipotizzare un quarto elemento (X) che sta a picaresco come Montale sta a Kundera (X : picaresco = Montale : Kundera).

L'«imperativo categorico», posto poco prima di picaresco fa al caso nostro. L’espressione è un'idea chiave dell'Insostenibile Leggerezza dell'essere, è quindi (anche) un'al­lusione dissimulata a Kundera, che fa quadrare la simmetria. Kundera, nella specie dell’imperativo, sta a picaresco come Montale sta a Kundera, nella specie dell’Insostenibile Leggerezza (l’imperativo categorico : picaresco = Montale : Kundera).

Il picaresco di Calvino non solo è simmetrico a Montale ma attraverso Montale, simmetrico a Kundera, ritorna carico di una valenza che chiarifica l’imperativo categorico di Pin.

«Quando ho iniziato la mia attività», alias quando ho scritto Il sentiero dei nidi di ragno, diventa una linea di comando che rinvia alla Prefazione, a Montale e a Kundera.

Nella Prefazione il rinvio si carica della sua duplice valenza. Calvino si oppone sia ai «detrattori della Resistenza» e, per estensione al mondo contro cui la letteratura dell'impegno ha trovato la sua ragion d’essere, sia ai «sacerdoti d'una resistenza agiografica ed edulcorata».[8] In Montale la duplice valenza di Calvino incontra un isomorfismo su cui dispiegarsi. Anche qui c’è la stessa biforcazione su opposte ideologie totalizzanti: lume di chiesa o d’officina, chierico rosso o nero.[9]

Con Kundera il ragionamento si estende agli ideologi-burocrati del socialismo reale che stri­tola Tomáš, il protagonista dell’Insostenibile Leggerezza, peraltro accomunati ai sacerdoti della resistenza dalla bivocità dell’imperativo categorico, appartenente ad entrambi.

Le simmetrie e la complessa trama di rinvii scoprono dunque un Pin, se pur impegnato, non agiografico, né edulcorato e confermano il taglio autobiografico del Sentiero dei nidi di ragno, dietro la cui maschera sono riconoscibili le tracce dell’itinerario intellettuale di Calvino, che parla di sé attraverso Pin.

Calvino non in modo diretto, ma attraverso lo specchio di un complesso intreccio di rinvii, di simmetrie, di livelli indica dietro Pin la chiave di lettura del primo Calvino, portando in superficie che anche la sua narrativa realistica aveva qualcosa che la faceva diversa dal realismo e dagli imperativi dell’epoca.

È il ritmo picaresco, è questa valenza antieroica, mutazione virtuosa del Bastian contrario radicata in profondità nelle strutture mentali di Calvino, che s’insinua nell’impianto neorealista e ne altera la costruzione.

Asor Rosa in un bilancio delle Lezioni nel quadro complessivo della produzione calviniana non manca di ritornare su una sua convinzione, già espressa in precedenza, dell’esistenza in Calvino di strutture profonde che ne modellano la scrittura indipendentemente dal fuori, facendo emergere un ritratto non diverso da quello tratteggiato dai rinvii ricorsivi di questa sezione delle Lezioni.

[...] in questo scrittore agiscono delle strutture mentali profonde, delle vere e proprie “forme della visione”, che prescindono dalle ideologie, nelle quali pure talvolta si modellano (per esempio: il marxismo, in una certa fase, o successivamente la semiologia e lo strutturalismo), e affondano le loro radici in aspetti della biologia e dell’ottica calviniane. Naturalmente questo patrimonio “genetico”, se tale si può definire, non resta immobile nella storia dello scrittore, anzi è piuttosto proteiforme dal punto di vista dei risultati raggiunti: ma sempre per seguire un processo di interni rimandi e di inesauribili approssimazioni, che non lascia mai in condizione di stasi il "sistema" complessivo della sua opera.[10]

Il patrimonio genetico del Calvino delle Lezioni è lo stesso di Pin.

Calvino non deve prendere le distanze da quel che è stato, Calvino non può prendere le distanze perché Sentiero e Lezioni sono espressione dello stesso patrimonio genetico. «In fondo della mia opera non c’è nulla che rinnego», diceva in una intervista di pochi anni prima.[11]

Per questo non deve ovattare i suoi esordi narrativi in un tempo in­definito né mimetizzare la letteratura dell’impegno. Calvino non ha subito mutazioni con la svolta.

C’è un filo rosso nell’attività letteraria ed intellettuale di Italo Calvino, scrittore eminentemente fantastico e destinato ad apparire talvolta persino svagato edivagante, ed è la persuasione, che corre dall’inizio alla fine della sua opera, che quella della “scrittura” sia fondamentalmente un’operazione morale.[12]

Il tempo del neorealismo e dell'impegno non ha ragioni di non risuonare nel cosmo delle Lezioni, tant’è che vi risuona e neanche in un modo tanto asettico, fermo o freddo come spesso si dice della letteratura di Calvino. Il temperamento letterario di Calvino non indulge ai sentimenti, come non indulge in generale a forme di conoscenza non controllate dalla razionalità. La viscosità appiccicosa e densa della vita viene scomposta da Calvino nelle astrazioni delle scacchiere, delle simmetrie e delle combinatorie, ma pur se scomposta ne resta il nutrimento.

Calvino non ha mai cercato di copiare fedelmente la realtà nemmeno negli esordi ma di interpretarla e modellarla al suo ritmo interiore picaresco.

Nel Sentiero dei nidi di ragno che pure ha tutti i crismi dell’opera neorealista, «l'energia spietata» della storia e «il movimentato spettacolo del mondo» non sono ripresi pari pa­ri, secondo i canoni del neorealismo, ma riflessi nel filtro di uno spettatore-protagonista ingenuo che lascia presagire l'astrazione scorporante delle scacchiere.

La storia, le «vicende collettive e private», il senso del vivere passano filtrati nella narrativa di Calvino, non entrano così come sono nella loro drammatica continuità. Calvino cerca una via per vedere dall'alto l’«opacità del mondo», per scomporla, per ricondurla a processi mentali, e non lasciarsi pietrificare. Sopra la realtà Calvino distende la griglia quadrettata del ritrattista, che, certo, ne altera e disturba la vista ma che consente di catturarne le forme.

Non dimentica mai la realtà Calvino, né la nasconde erigendo i paraventi del sentimento, della com-passione o di un solidarismo generico, pur sempre mossi dalla di­mensione non razionale. La sua com-passione è un’operazione morale che si esprime attraverso l'additazione della razionalità che compone il particolare nell'astrazione dell'universale consentendo di guardare in faccia la realtà, tutta la realtà, senza lasciarti pietrificare. Per questo Calvino non ha bisogno di accampare nel dimenticatoio la sua prima narrativa.

La figura di Perseo del resto è di una chiarezza emblematica nel mantenere l'aggancio con la realtà, che è un elemento di continuità nella letteratura di Calvino.

A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di I. Calvino, pp. 56-60.




Note

 

[1] I. Calvino, Lezioni americane, p. 5.
[2] I. Calvino, Lezioni americane, p. 5.
[3] «Il “levare” ha avuto molta più importanza del “mettere”» dice, guardando retrospettivamente alla sua narrativa nell’Intervista di Maria Corti, Saggi, II, p. 2925.
[4] «Quando Calvino fa riferimento ai sui esordi narrativi sembra collocarli in un tempo lontano e indefinito». F. Satta, I Racconti e le Lezioni americane, «Problemi», 101, gennaio-aprile 1995, p. 90.
[5] I. Calvino, Lezioni americane, p. 5.
[6] E. Montale, Tutte le poesie, a cura di G. Zampa, Mondadori 1984, p. 275.
[7] I. Calvino, Lezioni americane, p. 8.
[8] I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, Prefazione, Einaudi, Torino 1964.
[9] «Questo che a notte balugina / nella calotta del mio pensiero, / traccia madreperlacea di lumaca / o smeriglio di vetro calpestato, / non è il lume di chiesa o d’officina / che alimenti / chierico rosso o nero». Eugenio Montale, Tutte le poesie, cit., p. 275.
[10] A. Rosa, Lezioni americane di Italo Calvino, cit., pp. 955-56.
[11] «Paese Sera», 7 gennaio 1978. Ora in Saggi, II, pp. 2828-34.
[12] A. Rosa, Lezioni americane di Italo Calvino, cit., p. 956.

 





Voci correlate

La presente pagina fa parte di un ipertesto sulle Lezioni americane di I. Calvino e sulle Metamorfosi di Apuleio.

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