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Tra il cristallo e la fiamma

A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma. Le Lezioni americane di Italo Calvino, Firenze Atheneum, 2002, 8°, pp. 632, € 30.47, (Collezione Oxenford 120), ISBN 88-7255-193-5

Il libro è disponibile anche in e-book.

Sommario


Recensione a firma Renzo Baldo apparsa sulla rivista «Paideia», LVII (2003), pp. 408-409.

 

Si può anche accettare, come a molti è parso perfino ovvio, la partizione fra un «primo Calvino», che arriverebbe fino agli anni '6o, e un «secondo Calvino», a partire, quanto meno, dalle Cosmicomiche, quando nella sua prosa fa irruzione quella che è stata chiamata la «concezione epistemologica della finzione». Non dimenticando che la simpatia largamente diffusa per le opere narrative della prima fase ha forse contribuito a destare, nel lettore «comune», ma anche talvolta nella critica più «professionale», qualche perplessità sull'affacciarsi delle nuove, e inaspettate, coordinate della «fabulosità», che dilaga nella seconda fase.
Oppure, come altri ha sostenuto, si potrebbe parlare di Calvino come di un «poligrafo», che ha costruito, con le sue pagine, uno dei monumenti maggiori della letteratura italiana del '900 concedendosi il piacere del vagare e divagare tra le più diverse esperienze formali e le più diverse sollecitazioni alla inventività favolistica.
Ma forse questi criteri di lettura hanno perso di consistenza soprattutto quando, subito dopo la sua morte (1985) sono state pubblicate le Lezioni americane. Un momento di riflessione, che ha, giustamente, attratto l'attenzione per la singolare e intensa capacità, che queste pagine hanno, di aprirsi a lettura dell'intero «mondo» calviniano, dell'intera realtà culturale, nel senso più lato del termine, nella quale e dalla quale è nata la sua scrittura e, al tempo stesso, di consentire, in una sorta di sguardo a ritroso, di illuminare l'intero percorso, che essa ha compiuto fino a questo punto terminale.
Di questa ricchezza e complessità ci si è variamente occupati, usando le chiavi più diverse, che aiutassero a coglierne qualche tratto, qualche angolatura. Ma l'autore di questo saggio si è accorto, forse, crediamo, per primo, che le Lezioni, sottoposte alla lente di una lettura rigorosamente agguerrita, sono, come dice Maria Corti nella prefazione, una summa, proprio nel senso medievale, e «classico», del termine, che largamente coinvolge gli orizzonti della letteratura occidentale «con tutte le sue tensioni cognitive». Ma dice anche, Piacentini, nella Introduzione: le Lezioni sono «la selva oscura di Calvino», dalla quale è opportuno partire per compiere il viaggio nell'intero suo mondo.
L'autore di questo densissimo saggio ha dunque compiuto una lettura, perseguita con gli strumenti più raffinati della cosiddetta ricerca intertestuale, che mette in piena evidenza la ricchezza del ventaglio culturale entro il quale si è venuta costruendo l'intera opera di Calvino. Lettura affascinante, che esige certo pacata attenzione per seguirne la miriade di rivoli, di percorsi, ma che fa penetrare in avvincenti interstizi e scoprire panoramiche a prima vista impensabili. Diciamo pure, una lettura, che, per goderne il fascino, esige disponibilità e tranquilla pazienza. Se è concesso riportare una breve nota di sapore aneddotico, possiamo testimoniare di prima mano che Maria Corti, dopo aver letto questo testo (nemmeno ne conosceva l'autore) ebbe a dire: «Gli ho dedicato dieci giorni della mia vita, ma ne valeva la pena». Forse ad altri occorrerà anche qualche giorno di più, ma ne vale egualmente la pena. Per convincersi, pure, che si tratta di un testo che rimarrà fondamentale nella saggistica su Calvino.

(Renzo Baldo)





copertina della Consistenza


Copertina Eros al femminile

adrianopiacentini@hotmail.com


Prefazione di Maria Corti


Copertina Tra il cristallo e la fiamma Mai Italo Calvino avrebbe immaginato che dalle sue Lezioni americane sarebbero nate tante suggestioni e addirittura un vastissimo discorso teorico-criticodefinibile in termini medievali una summa. Nei suoi testi crescono le dimensioni fantastiche dell’invenzione e chiunque abbia letto tesi di dottorato, dedicate alle Lezioni americane, è al corrente sui problemi del genere saggistico, dello stile, della disposizione stilistica come arma argomentativa, della prassi citazionale, ma con la ricerca di Adriano Piacentini la realtà è un’altra: il menage à trois di letteratura, filosofia e scienza, passa qui al vaglio dell’io di uno studioso che ha rivissuto la vicenda calviniana, misurandosi col fascino di una summa letteraria Occidentale con tutte le sue tensioni cognitive.

Il nostro commentatore si sofferma a spiegare l’arditissimo ordito polifonico, che si regge sull’ambivalenza dei concetti portanti. In più di un caso egli collega le nuove performances a quelle del romanzo Se una notte d’inverno un viaggiatore, come dire alla vorticosa teoria dei mondi possibili, che tanti segni di sé offre nel corso delle Lezioni americane. Su questa nuova via di pensiero, che il nostro commentatore mette bene in luce, il mondo di Calvino diventa un mondo infinito, retto da un vortice ricorsivo. In tale nuova direzione le Lezioni americane sono il libro culmine di Calvino e perciò anche il libro tragico, oltre il quale la sua mente non ha retto. La mente, che troppo aveva visto del mondo, si è fermata per il peso del vivere e vedrei come una straordinaria risposta a questo tragico destino, che lascia interrotte le Lezioni, la grandiosa impresa del commentatore, chiarificatrice dei concetti di leggerezza, del “passo danzante di Mercuzio”, dove trionfa la grazia dell’humour e dell’immaginazione trasognata.

Avrebbe poco senso uno specifico commento a questa grandiosa summa, la quale già nella sua vastità commenta di per sé l’intertestualità critica delle Lezioni e le varie modalità di testualizzazione delle auctoritates. Si pensi al racconto del mito di Perseo e Medusa. L’evocazione nelle varie serie di testi ha per fine di produrre nel lettore l’identificazione del mito con la letteratura. Calvino sa, e lo ha scritto, che la funzione dei Classici non è solo quella di essere indimenticabili, ma di mimetizzarsi in inconscio collettivo e individuale. Nelle sue Lezioni egli si è fatto portavoce di una memoria collettiva da rendere attuale, viva, presente nell’intellettuale d’oggi a tutte le latitudini culturali. Siamo di fronte a un Calvino mitico e razionale al contempo. Il suo discorso è tutto giocato sulla ambiguità di questo doppio, di cui già tanti segni hanno offerto le Cosmicomiche e la Lezione sulla “leggerezza”, dove la letteratura si fa “proiezione del desiderio”.

A Calvino piacerebbe questa summa, che ha reso il proprio messaggio un prezioso patrimonio personale e collettivo, sempre più vicino a quello che lo scrittore ha voluto dire.

Maria Corti





Perché "tra il cristallo e la fiamma"


È luogo comune parlando di Calvino dividerne la letteratura in due: un Calvino dell’impegno, del Sentiero dei nidi di ragno, della Giornata di uno scrutatore e della Trilogia e il Calvino delle scacchiere, della combinatoria delle Città invisibili, del Castello dei destini incrociati, di Se una notte d’inverno un viaggiatore. E se non proprio come il Visconte Medardo di Terralba diviso in una parte buona e in una cattiva, certamente separato in un Calvino più buono e in uno un po’ meno, dove per meno buono si intende il secondo, a cui si imputa di essersi allontanato dalle cose e dai fatti della vita.

Del resto Calvino stesso ha soffiato la sua, mettendo pubblicamente una pietra sopra una parte della sua letteratura. Le Lezioni ridisegnano questo dualismo, dimostrando che in realtà non c’è stata nessuna palinodia.

copertina e-book tra il cristallo e la fiamma

Le scacchiere, le combinatorie non sono vane teche di cristallo, ma sono specchio dei meccanismi della mente, sono i sistemi formali del pensiero deduttivo e della scienza. Sono le strutture mentali sulle quali vengono fatti decantare i fatti della vita. Sono un modo di coniugare una tensione verso l’ordine e l’esattezza (cristallo) e la molteplicità unica e irripetibile delle esperienze (fiamma).

Cristallo e fiamma sono nelle Lezioni emblema di due concezioni della scienza e della biologia e quindi delle teorie dell’apprendimento e del linguaggio, che rilanciano l’annosa questione di innatismo ed empirismo. La scienza delle leggi semplici necessarie e immutabili e la scienza attenta alla singolarità dei fenomeni, agli scarti trascurati dalla prima. La scienza classica dell’ordine immutabile e invariante del cristallo e le scienze dell’ordine dal rumore, dell’«incessante agitazione interna» della fiamma.

In altri termini la scienza della lucida razionalità che scorpora il singolare sulle scacchiere del modello oggettuale e la scienza che ritiene i fenomeni irriducibili alla linearità della ragione.

Va da sé di fronte a tale bipartizione collocare Calvino dalla parte della prima.

Ebbene Tra il cristallo e la fiamma attraverso una puntuale analisi testuale e strutturale svolta di concetto in concetto e di parola in parola entra nella complessa trama di processi ricorsivi, di fonti, di allusioni, di rimandi tra le lezioni del cristallo (le prime tre) e le lezioni della fiamma (le altre), dimostrando che in realtà la narrativa di Calvino, come evidenziato da lui stesso del resto, da sempre è stata orientata dalle opposte pulsioni di universalis e di singularis, ha sempre inseguito le regole astrattizzanti per codificare la complessità del pulsare della vita: un Calvino dunque tra il cristallo e la fiamma.





Com'è nato il libro


Alcuni anni fa trovandomi ad insegnare in un corso integrativo delle Magistrali, intenzionato a non far misurare in sbadigli la lunghezza delle ore di Letteratura, decisi di adottare, in sostituzione del canonico manuale, un libro che mi ero proposto di riprendere in mano.

Per un paio di mesi - lo seppi in seguito - fummo odiati io e le Lezioni americane.

Ma un giorno un'alunna s'alzo a dire che i temi della Leggerezza - in un anno non andammo molto più in là - straripavano nella sua fantasia onirica.

Riproposi lo stesso testo in un corso serale, con studenti dalle esperienze molto eterogenee: l'entusiasmo ripagò la scommessa.

Cambiai scuola ma non mi abbandonarono né l'idea di giungere a un disegno storico della letteratura attraverso i nodi di idee estratti dalle Lezioni, né l'impegno a continuare a raccogliere in un ipertesto il reticolo di schede che via via ero costretto ad aprire.

Quando decisi di trasferire i testi in un software più recente e di dotarli di un cappello introduttivo, mi accorsi che l'introduzione se ne andava per conto suo, convincendomi che non necessariamente il libro elettronico è un assassino. Libro e ipertesto sono forme diverse di organizzare la conoscenza: possono benissimo coesistere ed integrarsi tra loro, anche e specialmente nella pratica didattica.





(A. Piacentini, Tra il cristallo e la fiamma, pp. 18-31)

 


Uno sguardo da lontano

Introduzione

Nel giugno del 1984 Calvino riceve l’invito ufficiale della Harward University a tenere per l’anno accademico 1985-86 le «Poetry Lectures», un ciclo di sei conferenze intitolate al celebre dantista e storico dell’arte Charles Eliot Norton, blasonate dai nomi più prestigiosi del panorama letterario, musicale e figurativo internazionale.

Era la prima volta nella tradizione sessantennale delle Norton che un italiano salisse in cattedra.

La scelta del tema era libera e Calvino, non senza travaglio, - è la moglie Esther a riferirlo - definì la sua attenzione attorno a una serie di specificità della letteratura da raccomandare come istruzioni - memos, promemoria li definisce Calvino - per il prossimo millennio: Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità, Molteplicità, Consistenza.

Categorie piuttosto insolite, si dirà, per un ragionamento sulla letteratura, lontane dai consolidati canoni estetici, ma sintomatiche di un modo di concepire il linguaggio e la letteratura che Calvino aveva da tempo condensato attorno alla sua scrittura.

Ancor più sorprendente è vedere, e senza per questo inaridire la levità del racconto, che le specificità individuate come stile si trasformano in stile di vita, diventano atteggiamento verso il mondo, categorie di interpretazione della realtà e dell’io.

Così la rarefazione dello stile della Leggerezza è un modo di far fronte alla pesantezza del vivere. Il narrar breve, conciso, essenziale della Rapidità è sintomo della velocità del pensiero, che è un modo per catturare il tempo ed estendere la durata della vita. Il «disegno dell'opera ben definito e ben calcolato» dell’Esattezza è simmetrico a un quadro razionale e disincantato della realtà senza cadute della ragione. La capacità di produrre immagini mentali, argomento della Visibilità, è quell’autonomia di giudizio che mette al riparo dai condizionamenti. La consapevolezza della complessità del reale della Molteplicità consente di affrontare i problemi senza semplicismi, ma neanche senza sottomissioni. Ne vien fuori il disegno di un io ben strutturato ed equilibrato, aperto a tutto lo spettro della varietà del vivere, che doveva costituire il tema della Consistency.

Discorrendo di letteratura Calvino sconfina nella vita e nella sua vita, sfiorando l’autobiografia, atipica nella forma ma ricca di spunti sulla specificità della sua narrativa, di riflessioni sulla letteratura e sul mondo e sul ruolo dello scrittore nella prospettiva del terzo millennio.

La letteratura in mano alle Lezioni si trasforma in una prospezione della realtà e di un io, sorretto da una curiosità onnivora e mai sopita, che descrive il suo iter intellettuale attraverso i più diversi domini di conoscenza: dalla filosofia alle scienze, alla biologia, alla chimica, all’etnologia, all’epistemologia...

Le Lezioni sono una chiave di lettura di Calvino secondo Calvino.

Il ménage à trois di letteratura filosofia e scienza passa al vaglio di un io razionale e lucido, ma mai freddo, le questioni più complesse del nostro tempo, trasformate in racconto da una trasfigurazione letteraria indagata dai tempi più remoti sconfinanti nell’antropologico fino alle soluzioni più innovative senza preclusioni di aree linguistiche.

Conoscenze settoriali diversamente disperse, possono incontrare nel crogiolo delle Lezioni un momento di sintesi e di confronto.

I Six Memos sono molto di più di semplici promemoria, ma vere e proprie istruzioni per l’uso messe a disposizione di chiunque intenzionato a ordinare la complessità del nostro tempo senza restarne frastornato.

Filosofia, scienza e letteratura perdono l’esoterismo degli addetti ai lavori per diventare racconto e stile di vita di chi intenda svolgere un ruolo consapevole e attivo nella società del nuovo millennio.

Le Lezioni sono una chiave di lettura del nostro tempo.

Purtroppo Calvino non poté leggere le sue conferenze, né scrivere la Consistency. La morte lo colse quando aveva steso le prime cinque, ordinate sotto il titolo in inglese di Six Memos for the Next Millennium e pubblicate dalla Harward University Press nel 1988.

Nello stesso anno presso Garzanti esce la versione italiana curata da Esther Calvino con il titolo apocrifo di Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio.

Della sesta lezione non v’è traccia. È proprio un peccato, perché verosimilmente la Consistency, centrata sul mondo dell’io e delle relazioni dell’io con il mondo, avrebbe permesso di rilanciare il pomo della discordia sul secondo Calvino, sul Calvino fantastico, sul Calvino delle scacchiere, sul Calvino, come alcuni ritengono, algido, metallico, lontano dalla continuità del reale, sul Calvino del disimpegno.

Ma uno spiraglio è rimasto.

Le conferenze sono incorniciate in un macrotesto percorso da una complessa trama di intrecci, di richiami, di allusioni. Le categorie isolate dalle Lezionisono sfaccettature di un’unica visione della realtà in stretta relazione tra loro.

La leggerezza sembra il punto di partenza di un atteggiamento verso il mondo, ma in realtà è il punto d’arrivo della variegata trama ricorsiva delle interrelazioni tra i vari memos. La rapidità dà un senso allo sguardo distaccato, leggero della Leggerezza sulla complessità del mondo (Molteplicità), a cui l’Esattezza fornisce un quadro di riferimento disincantato e preciso, decantato sui processi mentali messi a nudo dalla Visibilità. La Consistency tratteggia (anzi avrebbe tratteggiato) lo spessore di un io capace di intessere la complessa trama delle relazioni della realtà il cui stato di grazia è rappresentato dall’atteggiamento della Leggerezza.

Da quando il disegno delle Norton si è delineato con chiarezza, Calvino aveva virtualmente disposto i materiali e se pur non ancora passati dalla penna li teneva in relazione ricorsiva. La Consistency benché non scritta era chiara nella mente di Calvino e in relazione con le altre parti del macrotesto. La ricostruzione della multiforme rete di relazioni consente non solo di scoprire la densità del testo nascosta dietro la levità del racconto, ma di esplorare la lezione non scritta, se non nei bagliori della scena, per lo meno negli allestimenti delle quinte. Ne vale la pena perché ne esce un Calvino forse non del tutto nuovo, ma senz’altro per molti tratti sorprendentemente aprico e senza maschera.

Per riuscirci basta l’esperimento mentale di azzerare il Calvino amato o odiato e muovere da qui come se le Lezioni fossero di un autore oscuro capitato in mano per caso.

Le Lezioni sono la selva oscura di Calvino: da qui comincia il viaggio nel suo mondo. Partire dalla letteratura precedente sarebbe come aspettare il treno sul binario sbagliato.






Uno sguardo da lontano: L'ambivalenza


Che le Lezioni americane non piovano dal cielo, ma siano idealmente legate a tutta la produzione precedente di Calvino, della quale ne dilatano la tensione è scontato per un autore che, se pure ha privilegiato la dimensione fantastica, ha fatto sempre della razionalità l'elemento connettivo e della realtà il nutrimento. Improvvise folgorazioni, intuizioni, ispirazioni, ribaltamenti sono canali confacenti a una prospettiva surrealistica (o mistica), e si sa che Calvino non è mai stato tenero verso l'irrazionale.

Scoprire l’eco della sua prima saggistica, come il Midollo del leone o Il mare dell'oggettività nelle Lezioni americane, non sorprende, come non sorprende incontrare il Signor Palomar, Ormea o Pin. Da sempre Calvino ha affidato alla letteratura una dimensione morale, una dimensione attiva nella storia che coerentemente ha mantenuto nel tempo. Una ricostruzione dell'evoluzione e delle sue componenti può servire a interpretarne in generale la figura, ma non avvicina più di tanto alla specificità delle Lezioni. Le Lezioni vanno prese per quel che sono, in sé, come opera unica. Non vanno lette come un punto d'approdo, anche se un punto d'approdo sono. Calvino stesso del resto invitava a leggere un libro in primo luogo nella sua specificità.

Calvino non si è mai ripetuto, non è mai ritornato su schemi e moduli già impiegati, sapeva ridimensionare progetti quando riteneva di averne esaurito la carica di «novità», non ha mai cavalcato un filone che tirava. Ciascuna sua opera è un'opera unica. In questa prospettiva vanno lette le Lezioni. Dalla specificità, dalla particolarità, dall'unicità di quest'opera occorre partire, dalla sua struttura, dai suoi temi, dalle sue immagini, dando per scontato che troveremo tutto il Calvino che ci aspettiamo di trovare e altro ancora. E dopo averne gustata la poesia, da qui, da questo osservatorio volendo si può arrivare fino al Midollo e anche più in là, perché le Lezioni sono un livello dal quale la letteratura di Calvino, saggistica e narrativa, può essere riletta in una prospettiva nuova.

Dove poggia l'unicità di quest'opera? Può bastare un'espressione molto contenuta a riassumerne la specificità: nella ambivalenza. O se si preferisce nella polarità o nell'ossimoro. Le lezioni sin dal loro apparire, dal loro farsi, sin dall' incipit si affacciano sull'ambivalenza. Si presentano come un saggio critico, un saggio che per il consesso cui è destinato non poteva che richiedere una trattazione di altissimo livello, (anche se non è mancato chi ne ha visto un taglio specialistico-divulgativo), un saggio che per la scelta del tema non poteva diventare che un distillato della teoria letteraria, eppure le lezioni si portano tutta la levità del racconto. Un racconto che sa incastonare sulla suggestione delle immagini un rigoroso discorso di critica letteraria, senza sfumare mai nell'aridità della trattazione. Teoria del racconto e pratica letteraria alimentano le Lezioni.

Calvino è il primo scrittore di lingua italiana ad approdare a Harward, anzi è il primo esponente in assoluto della cultura italiana. (Com'è noto la "cattedra" delle Norton Poetry Lectures ha una valenza estesa tanto da comprendere musica e arti visuali). Senza voler enfatizzare questo aspetto, è indubbio (e un esordio scartato lo lascia intendere) che Calvino avvertisse il peso di essere percepito come una sorta di ambasciatore di una antica tradizione letteraria e culturale che annovera tra i suoi padri (del resto doverosamente accolti nelle Lezioni, compreso Galileo) i comuni maestri delle moderne letterature, coloro che più direttamente hanno saputo attingere alla tradizione classica gettando un ponte tra passato (che alla più breve vita della letteratura americana può sembrare 'preistorico') e presente. La tentazione di una summa letteraria doveva essere forte. E le Lezioni sono una summa della tradizione letteraria, una summa (è ancora lo stesso esordio a lasciarlo intendere) senza barriere di lingue e di nazioni, né di epoche. Una summa quanto meno della letteratura occidentale, ma dal significato universale perché sull'immaginario occidentale vengono fatte condensare anche forme di pensiero più arcaiche. Eppure le Lezioni sono riuscite a conservare l'incanto e la levità delle Cosmicomiche o delle Città invisibili.

Certo la tensione conoscitiva del racconto breve cui Calvino ci aveva abituati deve avergli alleggerito il compito, le Finzioni di Borges possono averlo aiutato, la tagliente precisione delle pagine critiche di Valéry può averlo suggestionato, ma è innegabile che le Lezioni costituiscono un modo unico di fare pratica e critica letteraria insieme. Congiunzione di teoria e pratica: la prima ambivalenza.

Ambivalenza, meglio di polarità e di ossimoro. Se la polarità può rappresentare con efficacia alcuni «valori» delle Lezioni, i più evidenti, i più eclatanti nella loro opposizione (leggerezza/peso; rapidità/indugio), essa si rivela inadeguata quando l'opposizione diventa più rarefatta. Qual è l'opposto dell’esattezza? La vaghezza non sembra convincere più di tanto perché anch'essa, lo dimostra la terza conferenza, presuppone l’esattezza. E l'opposto della molteplicità? E non v'è dubbio che lo schema oppositivo è una costante nelle Lezioni.

Nella polarità il passaggio è brusco, netto, senza sfumature, senza interazioni graduali, senza quella terra di nessuno dove si stemperano gli opposti e si confondono i confini. La polarità va bene per un processo discontinuo, digitale, discreto, va bene per + o -, per 0 o 1, per aperto o chiuso, non per i processi dell'ordine dal disordine, in cui l'ordine - la vita - scaturisce dal disordine - il rumore.

L'ossimoro può cogliere lo spettro delle interazioni tra i termini antitetici, stabilire una terra di nessuno tra i due, ma la trasforma in un nuovo oggetto che si aggiunge ai termini di partenza come in un ménage à trois. La reversibilità implicita nell'ambivalenza come in figura e sfondo viene persa o disturbata dall'ossimoro. Inoltre la sua provenienza retorica suggerisce la ricercatezza, l'artificio, il virtuosismo, tutti aspetti che disturbano l’essenzialità delle coppie oppositive. L'ossimoro può essere adatto a rappresentare le opposizioni finché restano a livello stilistico, ma quando lo stile si stempera in concezione della realtà e modo di vita, allora l'ossimoro è meno indicato. Le Lezioni non sono semplicemente un saggio, sono un saggio letterario che racconta la vita e la vita nell'ossimoro s'irrigidisce e avvizzisce.

Letteratura e vita: un'altra ambivalenza che rende quest'opera unica e forse non solo nella produzione di Calvino.

Il primo valore isolato da Calvino è la levità stilistica, la rarefazione della parola, il superamento della sua resistenza a render conto delle cose. Ma sin dalle prime battute, dietro la leggerezza stilistica si profila un'immagine in cui figura e sfondo sono reversibili ed ugualmente significativi. La leggerezza è ambivalente: è un modello narrativo e uno stile di vita. Tutti i valori raccomandati dalle Lezioni sono improntati da questa compenetrazione ambivalente. L'intercambiabilità di figura e sfondo, i passaggi di livello sono continui. Letteratura e vita appartengono alla stessa immagine, sono strettamente intrecciate, anche se nettamente distinte, né si può stabilire quale delle due sia lo sfondo e quale la figura. La polarità o l'ossimoro non colgono le variazioni di livello.






Uno sguardo da lontano: un arditissimo ordito polifonico


All'ambivalenza della Leggerezza è affidato il compito di definire lo sfondo e i contorni di tutti gli altri valori. Le Lezioni successive espandono e definiscono temi qui già impostati e da qui scaturiti. È nota la cura prestata da Calvino alle sue pagine, la puntigliosa attenzione per le rigorose costruzioni geometriche, per le corrispondenze, per le simmetrie, per l'impianto strutturale, per la leggerezza stilistica. Si sa come non lasciasse nulla al caso.

Se la Leggerezza distacca per ampiezza le altre, sostanzialmente omogenee nella estensione, non è casuale. Può diventare un modo per marcarne la particolare valenza. Certo le Lezioni sono un'opera postuma e per di più troncata, ma Barenghi, se non vogliamo tener conto delle assicurazioni di Esther Calvino, ci dà modo di verificare come Calvino ritenesse definitiva la versione pubblicata ed è ragionevole ritenere marginali, o per lo meno inincidenti sulla struttura, i possibili aggiustamenti del «proverbiale labor limae»(Rosa) dell'ultimo minuto. Neanche il proposito di proseguire oltre le sei lezioni previste dal contratto con le Norton e l'editore americano ci autorizza a ritenere provvisorie struttura ed estensione di un te-sto in sé concepito e concluso, per lo meno idealmente, nello schema esagonale. Le Lezioni, come molti hanno rilevato, sono un macro-testo che va considerato nel suo complesso, nell'intreccio di simmetrie e di corrispondenze che si svolgono all'interno di ciascuna lezione, ma va considerato anche nei rimandi talora evidenti, più frequentemente sottesi, che si stabiliscono tra le diverse parti dell’insieme.

La struttura della Leggerezza, come del resto le sue tematiche, incornicia tutto il ciclo, ne definisce le coordinate dischiuden-dosi come una conchiglia che a poco a poco lascia scoprire il frutto che protegge. Ed è innanzi tutto la dimensione di una let-teratura come risposta al peso del vivere che emerge, spaziando a tutto raggio dalle forme della tradizione popolare, ai passaggi di questa nella letteratura colta, alla letteratura contemporanea che le Lezioni ripercorrono.

Le Lezioni inseguono e ricostruiscono il filo che unisce trasversalmente la letteratura di ogni tempo e di ogni epoca, sin dai tempi della prima mappatura del mondo, quando i concetti erano for-mati da coppie oppositive, quando il leggero era indistinto dal pesante, il veloce dal lento, il preciso dall'indeterminato, la luce dal buio, il molto dal poco, il dentro dal fuori. Le infinite forme con cui la letteratura ha risposto ai bisogni di sempre, la funzione antropologica della letteratura è il filo delle Lezioni.

Per questo l'ambivalenza è la più adatta a descrivere le relazioni tra le coppie, le infinite coppie delle Lezioni. L'ambivalenza che non oppone negando o distruggendo, così come l'alto non è meglio del basso o il sacro del profano. Sono piani diversi.

Con quel tocco rigenerativo che l'ambivalenza racchiude e che Calvino sa trasfondere in tutto quel che sfiora.

E ciò costituisce un esempio di come i materiali delle Lezioni diventano epifenomeni diffusi a tutto il testo. La visione del mondo della tradizione popolare legata all'ambivalenza delle coppie oppositive entra nel tessuto connettivo delle Lezioni estendendo la sua pre-senza ben oltre la sua trattazione.

Così funziona la struttura delle Lezioni composte da una infinità di punti che entrano in un complesso gioco di figure come nella volta celeste dispiegando le loro mappe fatte di stelle di costellazioni di galassie e di buchi neri.

Accenni, incisi, brevi annotazioni, lunghe citazioni rientrano in un rigoroso gioco di prospettive, amplificate da riferimenti, allusioni, indicazioni, rimandi impliciti e mimetizzati che come buchi neri dispiegano la loro forza attrattiva, anche se non visibili.

Nella rigorosa struttura del cosmo delle Lezioni ogni tratto si accende di significati polisemici, ogni livello rimanda ad un altro.

Si veda l'incastro a domino costruito sulle figure di inizio e fine di ciascuna lezione.

La Leggerezza si apre sullo scudo di Perseo che vola sul cavallo alato e si chiude con un Cavaliere a cavallo d'un secchio vuoto, che si trasforma nel «cerchio vuoto» dell' anello magico del racconto che avvia la Rapidità. In fondo alla stessa, speculare all'anello, e quasi come un anello riccamente incastonato, le linee tondeggianti del granchio di Chuang-Tzu, «il più perfetto granchio che si fosse mai visto», aspettano di trasformarsi nel geroglifico di Maat, che apre l’Esattezza e che la chiude trasformato nei 'geroglifici' della scrittura mancina e speculare di Leonardo, proteso nello sforzo di descrivere con precisione il mostro marino che l'immaginazione gli agita davanti agli occhi. Dalle immagini di Leonardo in chiusura dell'Esattezza ai diversi livelli delle immagini di Dante in apertura della Visibilità, le une che includono le altre, come nel quadro di Escher, che in chiusura esemplifica la scrittura di Balzac: un’infinita distesa di spazio e tempo, «brulicanti di multitudini, di vite, di storie», di «realtà» e «fantasie», di «esteriorità» e «interiorità» di «mondo» e «io», come l'infinito mondo ingarbugliato di Gadda con cui apre la Molteplicità, simmetrico al garbuglio del self posto in chiusura e che, verosimilmente, doveva essere un preludio al tema della lezione non scritta: il mondo verbale del «fuori» nella Molteplicità, il mondo verbale del «dentro» nella Consistency.

Su quale immagine si sarebbe aperta la Consistency e più che altro su quale immagine si sarebbe chiusa non è facile stabilirlo, anche se è evidente in che ambito si sarebbe mossa.

Avrà ceduto Calvino alla tentazione di ricongiungersi al mondo di Perseo, chiudendo le sei lezioni nella perfetta struttura del cerchio, così da consentire da ciascun punto la possibilità di raggiungere tutti gli altri in una infinita rete di percorsi e relazioni? Il disegno lo lascerebbe intendere. Ma in quanto soluzione più ovvia, anche la meno probabile o per lo meno non la sola possibile.

Più verosimilmente allora una figura ambivalente che chiudendo lo schema ingloba le precedenti immagini e le rilancia ad un altro livello. Chissà! Calvino sa sorprendere, le performance del Viaggiatore notturno insegnano.

Ma non è tutto. I geometrici tasselli del domino (lo scudo, il secchio, l'anello, il granchio, il geroglifico...) a loro volta si trasformano nel gioco verbale delle serie, delle enumerazioni come in certe filastrocche popolari del volta la carta e trovi, con un processo metamorfico alla Ovidio nei primi tasselli, dove prevale l'immagine figurale, e alla Escher quando la metamorfosi raggiunge le forme dell'astrazione. Sulla forma circolare dello scudo di Perseo può riflettersi allora la circolarità del molteplice (del molteplice del «fuori», ma anche del molteplice del «dentro») attraverso una serie di metamorfosi che sospingono la figura del cerchio in forme sempre più astratte, sovrapponendo la molteplicità del reale (fisico e mentale) alla Medusa. In questo modo il macro-testo come un pantografo amplifica il rapporto tra Perseo e Medusa-realtà, tema della Leggerezza, convogliandolo in un altro livello. Il rapporto tra Perseo e Medusa può comparire allora per lo meno a quattro livelli: formale, esistenziale, come emblema della Leggerezza e delle Lezioni, liberando un infinito intreccio di invisibili connessioni: Ovidio, Escher, il folclore, il mito, le serie, le iterazioni, le geometrie, la tradizione magico-alchemica (nella figura del cerchio, simbolo dell'universo) e così via.

Sono questi rimandi, questi intrecci che costituiscono l’unicità delle Lezioni, per questo non è significativa un'introduzione alle Lezioni partendo dall'evoluzione di Calvino. Occorre partire da qui, da questo livello supremo, da queste architetture, da queste connessioni che attraggono non solo il Calvino di prima, ma un'infinità di relazioni, non sempre immediatamente palesi, né circoscrivibili al solo self letterario di Calvino, che fanno delle Lezioni una sintesi della letteratura colta e folclorica, delle scienze e delle correnti di pensiero. La varietà delle citazioni intesse nelle Lezioni un arditissimo ordito polifonico costruito con cristallina precisione e rigorosamente dosato. Non sono mai casuali le fonti, né sono di circostanza, né danno semplicemente conto delle diverse tendenze, anche quando a prima vista possono sembrare eterogenee. Calvino non costruisce una storia letteraria, né tanto meno costruisce una storia letteraria partendo dalla sua letteratura. Calvino non vuol portare acqua al suo mulino. Definisce delle categorie che corrispondono alla funzione affidata alla letteratura, una funzione di conoscenza e di resistenza contro la precarietà dell'esistere e sulla base di queste di volta in volta ricostruisce dei percorsi o traccia delle genealogie imposte non dalla piuma delle simpatie, ma da una necessità interna.

Molti modi e vari temperamenti anche opposti al suo e diversi tra loro possono convergere. Non ha Calvino la presunzione di partire dal suo modo e di giudicare dalla sua prospettiva, perché infinite sono le possibilità di far fronte al tema del vivere. Purché non sconfinino nella fuga e nell'evasione o nell'impiego strumentale possono concorrere a illustrare i valori raccomandati, anche se dal versante antitetico. Nel contesto della Rapidità riconosce senza tema il valore dell'indugio quando svolge la stessa funzione esistenziale della rapidità. Calvino predilige le traiettorie lineari ma s'inchina di fronte agli indugi di Sterne, che contrastano la fugacità del tempo come le traiettorie di fuga di Calvino. Per questo un temperamento così antitetico alla rapidità è accolto nella Rapidità, perché la rapidità come la leggerezza (e gli altri memos) non si identifica tout-court con lo stile.

Per la stessa ratio due temperamenti così diversi come Gadda e Musil possono ben coesistere nel comune impegno di dare un bandolo al complesso groviglio della complessità del mondo.

Ma quel che di quest'opera ancora colpisce non è tanto l'affollamento di citazioni, di rinvii e di rimandi, né la fitta rete di relazioni che li intrecciano. È la loro capacità di espandersi nel mondo posto a monte delle Lezioni, il mondo che ne ispira la filosofia e ne alimenta i livelli, l'«epopea enciclopedica» di Calvino, fatta di scienza e di letteratura. Ogni rimando, ogni rinvio, ma anche la semplice menzione non si esaurisce nella citazione ma si protende, recupera e rifonde in una nuova armonia una multiforme esperienza. A volte è un bilancio o una chiave di lettura della narrativa sua o di altri, a volte un rimando o una ripresa di un suo saggio precedente (come nel caso di Perec nella Molteplicità), altre volte è il richiamo o l'eco di una teoria scientifica o letteraria che vengono appesi allo stesso filo.

Ciò è ben più evidente nei rimandi ai saggi. Si guardi a un nome come quello di Bachtin, un fugace riflesso sul popolare Dostoevskij, dietro il quale aleggia una suggestiva prospettiva particolarmente sentita da Calvino (documentata dai Saggi ) o si guardi alla dedica che in apertura dell’Esattezza si traveste da fugace omaggio ad un amico scomparso, per nascondere la mappa della conferenza e la chiave d'accesso ad altri passi delle Lezioni.

Sono i rimandi, le allusioni disseminate e nascoste a suoi scritti precedenti e agli scritti di chi è entrato nel suo mondo a rafforzarne la tempra, a costituire il midollo delle Lezioni. Ma non vanno percorsi nel senso del tempo, ma per contrario motu, partendo da qui, da questo osservatorio privilegiato delle Lezioni. In questo modo potranno ordinarsi nella prospettiva che Calvino intendeva raccomandare perché il livello delle Lezioni osserva e riordina tutta la produzione precedente rendendola simile a un complesso organismo vivente.

Ma ancora, quel che favorevolmente incanta è lo scoprire che ogni frase, ogni passaggio, ogni espressione custodisce una polifonia di livelli semantici. Non è solo una deliziosa, e confortante immagine poetica, quella che nell'Esattezza oppone l'opera letteraria, questa minuscola porzione d'ordine, al vortice d'entropia che minaccia l'universo. È un'espressione che condensa la termodinamica classica e nello stesso tempo le più recenti teorie che le stanno facendo saltare i nervi.

Le Lezioni americane non sono una semplice storia della letteratura, ma sono una storia della letteratura che contiene il mondo e per farci stare il mondo non basta l'immaginazione, occorre anche la scienza. L'incanto del De rerum natura non sta semplicemente nelle immagini poetiche, ma nelle immagini poetiche che trasmettono una visione del mondo fondata sull'atomismo. La forza delle Lezioni proviene dalla scienza. È ancora il caso di ricordare che l'idea di letteratura che Calvino vuol raccomandare, non è una sua idea di letteratura, un'idea che scaturisce da una sua sistemazione teorica o da un suo sistema filosofico. Calvino trasmette una sua ben precisa idea di letteratura, ma non la vende bell'e confezionata. La mette lì nel suo farsi per sua energia interiore, a disposizione di chi la vuole consultare o raccogliere. Ne mostra il percorso, ne indica gli strumenti, ne dichiara le costanti, con estremo rigore epistemologico e con grande varietà di strumenti, estesi a tutto lo spettro delle scienze, umane e non. Un'idea in continua formazione, aperta sul mondo, un'idea che scaturisce dalle cose, ravvicinate con spirito scientifico e sensibilità poetica. È la scienza il nocciolo duro dell'idea di letteratura di Calvino, un nocciolo bivalente fondato sul metodo delle scienze e nutrito di conoscenza scientifica.

 




Uno sguardo da lontano: Una cosmologia


 

È nota la curiosità di Calvino per la ricerca scientifica, tutti hanno apprezzato le piroette del suo cosmo fantastico scaturito dall'immaginario scientifico. Una passione che viene da lontano, coltivata sin dagli anni di Vittorini, che nelle Lezioni americane diventa una visione del mondo che unisce la vena visionaria delle cosmogonie alla lucidità delle cosmologie. Ogni scrittore costruisce un mondo, ricostruisce il mondo e ci rende un'immagine del mondo, spesso da un'ottica particolare: ora la realtà interiore dell'inconscio, dell'immaginazione e della memoria, ora il mondo esteriore nelle sue varie implicazioni, ora intrecciando variamente l'uno con l'altro e altri ancora. Ma resta sempre un senso di incompletezza, la sensazione di un'angolatura limitante. Il grand'angolo di Calvino spazia dai tempi primordiali della formazione dell'universo, ai primi sistemi, alle prime proiezioni immaginate dall'uomo, fino ai nostri giorni e oltre. Per di più il mondo che costruisce non è il suo mondo, non è solo il suo mondo. È un universo costruito sugli universi degli altri, messo insieme pezzo per pezzo intessendo il filo nascosto che li unisce, perché la letteratura come la realtà si compone di un'infinità di parti unite insieme da fili nascosti che si parlano l'un l'altro a distanza di tempo e di spazio.

E non contentandosi di emulare le ambizioni più ardite degli scrittori che l'hanno preceduto, fa abitare questo cosmo da un uomo dispiegato in tutta la complessità dei suoi meccanismi mentali. Nel suo cosmo possono coesistere il mito e l'atomismo, le strutture dissipative e le strutture neurali, il tutto ordinato da una lucida geometria che non rinuncia mai all'impiego della ragione neanche di fronte ai temi più misteriosi, senza per questo privarli del loro fascino.

Ma non ne esce un mondo freddo, un mondo metallico, un mondo deprivato dei sentimenti e di quella «grumosa» continuità, cari a Balzac, a Proust, a Gadda. Certo i sentimenti non sono l'aspetto più congeniale al temperamento di Calvino, e i suoi libri lo dimostrano, ma in questo libro fatto di libri di altri ci sono Balzac, Proust, Gadda con la loro «continuità compatta, grumosa, pesante, fatta di montagne e di verdure, di mare e di cipolle, di biciclette, di automobili, di mattoni, di portinaie» e con le loro nevrosi (quando le nevrosi hanno una risonanza sul mondo scritto). Calvino non è cieco, per lo meno nelle Lezioni americane. Nel cosmo delle Lezioni c'è posto anche per i sentimenti: mai ostentati, mai plateali, mai invadenti, ma sussurrati con nitore e con tale delicatezza da far sbocciare sul trofeo «anguicrinito» del mostro vinto da Perseo coralli preziosi tra l'accorrere festoso di ninfe.

Piuttosto il cosmo delle Lezioni non è antropocentrico. È un mondo concepito al di fuori dell'angusta prospettiva individuale e della presunta centralità dell'uomo, è un mondo parificato che vuol dar voce all'«uccello che si posa sulla grondaia», all'albero in primavera e in autunno, alla pietra, al cemento, alla plastica. Un mondo come questo non è “cieco”, tanto più che non è dato sapere cosa Calvino teneva in serbo per la lezione non scritta, la lezione sul mondo dell'io. Ciò di cui Citati lamenta l'assenza, la grumosa continuità, Calvino la propone nella forma del groviglio delle esistenze, affidato all'emblema della fiamma, che meglio della mimesi riesce a conciliare la «scienza dell'unico e dell'irripetibile» con il generale, a coniugare le istanze di una Mathesis singularis con quelle di una Mathesis universalis.

È un mondo infinito il cosmo delle Lezioni, un mondo presentato in punta di piedi, senza invadenza e con estrema sensibilità. Forse ha ragione Philippe Daros a preferire alla genericità dell'apocrifo Lezioni americane la seduzione del titolo originale, «Sei proposte per il prossimo millennio», adatto a cogliere la doppia valenza di un mondo sussurrato, proteso su un futuro nutrito dalle sue antiche radici. La discrezione della proposta e la grandiosità dei valori. La proposta che non contrappone cattedre e banchi, pulpiti e folle, ma parifica tutti a un livello di ruoli intercambiabili, come nello stile di Cavalcanti. Un futuro che si parifica al presente e al passato nella durevolezza dei valori.

Ancora una volta si sprigiona la particolarità di questo libro che fa di forma e sostanza, figura e sfondo della stessa immagine. La levità espressiva di Cavalcanti, attratta come esempio di leggerezza stilistica, diventa sostanza del cosmo delle Lezioni. Frequenti sono queste metamorfosi nelle «Sei proposte per il prossimo millennio». Ciascuna immagine, ciascuna citazione, riferimento o allusione entra in un processo semantico ricorsivo. Accanto al significato letterale, il significato di primo livello, interpreta altri significati ai livelli superiori dove il grado di informazione è arricchito dall'interazione di più immagini, senza con ciò perdere i significati dei livelli precedenti: basta cambiare di livello. È una modalità in tutto simile alla retroazione dei processi biologici che sotto l'emblema della fiamma fanno da nutrimento scientifico a Visibilità e Molteplicità. Ma è anche la descrizione dei meccanismi mentali secondo Hofstadter, fonte delle Lezioni.

E qui ci scappa il paradosso. Gödel, Escher, Bach, il libro di Hofstadter attratto nel sistema dei Memos come fonte scientifica sui processi mentali, ossia come contenuto, ne ispira la forma, mentre la poesia di Cavalcanti, attratta come esempio di levità stilistica, come forma dunque, diventa stile di vita, ne orienta la sostanza. È l’ambivalenza dell' ars combinatoria di Calvino, ma anche la dimostrazione di come la scienza possa diventare la stessa essenza della letteratura e dell'arte: la capacità di costruire un mondo scomponendo universi altrui. L'universo scientifico di Hofstadter plasma il mondo di Calvino, diventa arte.

E ciò succede a qualsiasi componente delle Lezioni: ciascuna fonte, ciascun concetto, ciascuna annotazione, ciascun ragionamento è lanciato in un processo ricorsivo che lo trasforma in epifenomeno amplificato a tutto il testo in un sistema di interazioni complicato dalla diffusa presenza di buchi neri, fonti dissimulate e mimetizzate, echi e risonanze di mondi invisibili, ma pur presenti. Prigogine, Landolfi, Auerbach, Frye, Arakawa, Goodman... ma anche Monod dentro Prigogine, Gödel, Escher e Bach dentro Hofstadter, gli uni annidati negli altri in una sintesi grandiosa. E nel tutto i mondi precedenti di Calvino, distillati nelle loro essenze e illuminati dalle "Confessioni" di un Calvino che mai aveva «parlato così a lungo di sé, dei suoi circuiti mentali, dei processi dai quali scaturisce» quella craftmanship capace di estrarre dalla ganga informe universi leggerissimi.

Altri autori hanno plasmato opere titaniche, costruzioni mirabili d'ingegno e di maestria. Calvino con le Lezioni americane ha scolpito la sua, «superiore di gran lunga alle molte opere di saggistica e di narrativa che pure ne avevano fatto lo scrittore europeo forse di maggior spicco degli ultimi trent'anni».

Calvino si propone un'impresa «che nessun altro osa immaginare»: scompone i libri più ambiziosi in variabili e costanti, le riduce in elementi primi che codifica nel rigore dei linguaggi formali per giungere alla Characteristica universalis della letteratura. Per questo ogni pensiero ogni immagine ogni riflessione può cambiare di livello e di significato, può scambiarsi da forma in sostanza, da figura a sfondo. Perché composta della sostanza ultima della materia narrativa.

Catturato «l'impalpabile pulviscolo delle parole», l'ars combinatoria di Calvino giunge a un'impresa possente, un'impresa mai prima tentata: ridurre il mondo non scritto a un sistema formale con il quale tracciare un mondo scritto di mondi possibili, di nuove prospettive della realtà, di nuove visuali, di nuove angolature.

Forse non si riuscirà mai a scoprire la struttura segreta del cristallo delle Norton , né la forma del loro disegno grande quanto le ambizioni più temerarie della letteratura, della scienza e dell'uomo. Ma ciò non impedisce di sottrarsi all'incanto dei campi di forza, dei vettori, delle simmetrie, dei rapporti, delle alchimie che lo governano e di restarne piacevolmente sorpresi e stupiti. Uno «sforzo immane di concentrazione» (Scalfari) pretendeva questa impresa, una sfida che il suo artefice ha portato fino in fondo. Il Libro non si è compiuto, ma il suo disegno sì, perché come ogni universo palpitante doveva chiudersi incompiuto.

  Tutta l'arte, tutta la conoscenza di Calvino è catturata in questa impresa. Il vortice ricorsivo che le trascina è la chiave di lettura di tutto Calvino.

«Accade talvolta che il libro più significativo d'uno scrittore sia l'ultimo e addirittura postumo, poiché soltanto in esso egli raggiunge il culmine dell'opera sua, la pienezza dei suoi mezzi espressivi e si rivela compiutamente a se stesso; così come altre volte avviene che il libro-culmine sia invece il primo, nel quale l'autore si spiega e si realizza una volta per tutte, ripetendo poi, per il resto della sua vita creativa, lo stesso messaggio, ma con efficacia minore e calante d'intensità». Calvino no, Calvino non è di questo mondo.

Calvino non si è mai duplicato. Ogni suo libro è il suo libro più significativo perché unico nella vita creativa del suo autore. Calvino non è mai stato inchiodato a un modello. Con Il sentiero dei nidi di ragno dà il meglio che potesse scaturire dal contesto neorealista. Con la Trilogia porta al vertice l’ambizione del romanzo filosofico di convogliare ragione e fantasia nella levità del racconto. E quando attinge all’immaginario scientifico o a quello dei tarocchi o accoglie le suggestioni di strutturalismo, semiologia e post-moderno non si lascia mai sfiorare dal dejà-vu . La passione e il rigore dei suoi interventi han fatto discutere e le sue recensioni non sono mai state di circostanza.

Calvino si è dispiegato in una multiforme attività, ottenendo quel connubio, per lo più raro, della versatilità e della profondità. Per questo non si è mai replicato uguale, pur restando fedele a un’idea di letteratura maturata sin dai primi esordi. E con quel tocco di originalità, di autonomia speculativa, supportata da una curiosità mai sopita, capace di trasformare qualsiasi cosa gli capitava sotto mano in cosa mai vista. E quando nella maturità si accinge a scrivere Le livre , il libro assoluto vagheggiato da Mallarmé, riesce ad andare oltre ogni immaginazione e scrivere «il libro più significativo» che include la perizia di tutti i precedenti. Per questo le Lezioni americane sono il libro-culmine di Calvino, il libro che ingloba e amplifica i vertici precedenti.

Per questo non serve il Midollo del leone per arrivare alle Lezioni americane, perché le Lezioni sono l'introduzione al Midollo del leone e al Mare dell'oggettività.

Le Lezioni servono a chiarire il Calvino di prima e a liquidare i luoghi comuni sollevati attorno alla sua narrativa, a cominciare dai più diffusi, dall'apparente surrealismo al presunto pessimismo.

Quanto al primo, Calvino dissemina inconfondibili tracce interpretative quando nella Molteplicità parlando di Queneau marca il confine tra l'automatismo di Breton e il disegno geometrico dell'animatore dell'Oulipo, da lui sponsorizzato in Italia o quando a proposito della Distanza della luna si sente la sua riserva, la sua riluttanza ad accostarla tout court al surrealismo. È come la questione del romanticismo di Leopardi che Calvino liquida senza tirarla in ballo direttamente, dimostrando una volta di più lo spessore di questo libro, del suo Libro.

Come l'attrazione per l'infinito di Leopardi parte «dal rigore astratto d'un'idea matematica di spazio e di tempo» - per niente romantica, dunque - le immagini surreali di Calvino rispondono ai criteri del self più controllato e lucido, tanto da poter riprodurre le movenze del sogno.

Quanto al pessimismo il discorso si complica non perché Calvino non lasci tracce su questo tema, pur senza trattarlo direttamente ma perché l'opposizione ottimismo/pessimismo è travisata da una tradizione filosofica e culturale che troppo spesso l'ha impiegata per liquidare posizioni non canoniche, caricandole di una valenza negativa. In una pratica adusa a intendere la non adesione ai valori dominanti sinonimo di vuoto morale, di negazione di ogni morale, ottimismo e pessimismo perdono l'ambivalenza originaria delle coppie oppositive, non servono per rappresentare coppie complementari e reversibili come il concavo e il convesso, ma per giudicare. E come in ogni giudizio uno dei poli è positivo e l'altro è negativo, l'attribuzione di positivo e negativo se in taluni casi può presentarsi problematica, per ottimismo e pessimismo è stata di una semplicità puerile.

E la stessa semplicità è stata impiegata per il mondo disincantato di Calvino.

Non è possibile impiegare categorie diverse dal pessimismo e dall'ottimismo per definire l'atteggiamento verso la realtà? Non è possibile scaricare della valenza moralistica le due categorie di pessimismo e ottimismo? Calvino suggerisce l'ossimoro dell'edonista infelice per un Leopardi semplicisticamente relegato nel pessimismo e affida all'emblema iridescente della madreperla un poeta disperato come Montale. Troppo spesso il pessimismo è stato confuso con la capacità e la forza di rispecchiare la realtà senza filtri senza illusioni senza fughe. Che c'entrano ottimismo e pessimismo per un naufrago aggrappato allo scoglio? E per chi è intorpidito dal sogno o stordito dall'illusione o attratto dall'occulto?

Ha un senso chiedersi se Perseo che nello specchio del bronzo fissa la faccia della Medusa, se Perseo che non senza un tocco di delicatezza si porta dietro quel fardello anguicrinito, è ottimista o pessimista?

La capacità di fissare le sfaccettature della realtà e tenerle impresse davanti a sé, alleggerite nello specchio dell'humour, che ha da spartire con l'ottimismo e il pessimismo?

Ottimismo e pessimismo sono di un altro mondo.

 





Voci correlate

La presente pagina fa parte di un ipertesto sulle Lezioni americane di I. Calvino e sulle Metamorfosi di Apuleio.

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